Con “Vamos a la playa” anticipammo la spiaggia in plexiglas
Johnson Righeira. Nessuno più di lui, negli anni Ottanta, ci ha fatto riflettere sulla malinconica quanto paradigmatica fine dell’estate. Quella che ci pone di fronte alla necessità di tornare alla quotidianità, con il bagaglio di rinnovamento delle vacanze.
Johnson Righeira oggi è produttore di una neonata etichetta discografica.
La sua Kottolengo Recordings, infatti, è nata poche settimane fa puntando sui giovani. Nel frattempo lavora a nuovi progetti, che ripescano nel passato e guardano al futuro. E’ lui l’ospite del terzo appuntamento dedicato ai tormentoni estivi. Ci racconta come nacque L’estate sta finendo, lo straordinario successo del 1985 con cui vinse il Festivalbar insieme al collega Stefano Rota.
“Una volta si vedevano i gabbiani lontani dal mare solo alla fine dell’estate. Tutti pensarono avessi avuto chissà quale immagine poetica: presi solo atto di quel che vedevo dal tram 3 di Torino. Quel verso però venne bene!”, confessa lui.
Johnson Righeira, oggi possiamo dirlo: vi inventaste un tormentone talmente geniale da farci cantare da 35 anni già a giugno che l’estate sta finendo. Come si crea un successo così?
Se uno sapesse davvero come si fa, lo ripeterebbe ogni due anni. Chiaramente ci fu anche qualcosa di irrazionale, come per tutta la musica che è fatta per esprimere emozioni, e non si può costruire a tavolino. Essendo un brano estivo uscì a maggio: in realtà fu scritto anni prima, e forse non era nemmeno estate.
Anni prima addirittura?
Era il 1980 quando pensai per la prima volta al ritornello, da cui nacque tutta la scrittura del testo. Io andavo ancora a scuola, ero ripetente: la canzone infatti si riferisce fondamentalmente alla paura di crescere e alla rottura di scatole di tornare a scuola.
Avevate una concorrenza spietata quell’estate, come capiste di aver fatto centro?
Una vera magia.
I brani estivi una volta uscivano già a fine marzo per consentire il necessario rodaggio di diffusione. Noi arrivammo un po’ dopo gli altri, ma una volta cominciata la stagione partìmmo a bomba: Vittorio Salvetti per primo capì che sarebbe stato il pezzo dell’estate.
Ne L’estate sta finendo ci sono diversi passaggi storici, a cominciare da quell’introduzione in sax universalmente conosciuta quasi quanto l’incipit dell’inno di Mameli…
Quell’assolo fu creato in fase di arrangiamento da Claudio Pascoli: la proponemmo live insieme a lui solo una volta, a La notte vola nel 2001. In quell’occasione presentammo la canzone con l’arrangiamento completo che vedeva anche Lucio Fabbri al violino.
Ba-ba-ba-ba-baciami è una parte che non sono mai riuscito a ricantare. Si ispirava a Baciami piccina?
No, non pensai a quello. Fu una delle prime volte in cui venivano usati i campionatori, che con l’house dilagarono a macchia d’olio per fare quei suoni che con la sola voce non si riuscirebbero a fare.
Si trattava di un’idea geniale dei La Bionda.
Ammetto che dal vivo non sarei mai riuscito a cantarlo nemmeno io.
Anche perchè nel frattempo ballavate con quel saltino perfettamente sincronizzato. Come nacque quell’idea?
Erano proprio solo tre gesti: l’ispirazione derivava dai gruppi soul anni ’60 e ’70 come i Trammps, i Temptations. I movimenti rafforzavano certi passaggi della canzone.
Johnson Righeira oggi di cosa ha più paura? Della solitudine o di crescere?
Mi rispecchio sempre molto ne L’estate sta finendo: continuo ad avere una visione malinconica verso gli anni che passano. Mi preoccupa invecchiare più che la solitudine: sono single, e a volte mi manca una compagna ma ho un sacco di amici. Ora poi ho riscoperto il piacere di fare lunghe passeggiate in campagna, vicino a Torino.
Partecipaste anche a Sanremo con Innamoratissimo: perchè però il tormentone è sempre quello estivo?
In vacanza c’è sempre stato più tempo per la musica. Il termine tormentone nacque perchè si riferiva a canzoni che si ascoltavano fino allo sfinimento in spiaggia, con i jukebox che decretavano la giuria del Festivalbar.
Cosa sono gli anni ’80?
L’ultimo guizzo di creatività nella cultura: esplosero il design e la moda italiane.
Si creò tanta musica che ancora oggi si ascolta, sebbene da noi si sia sempre guardato al pop con sufficienza. E poi nacque l’house, ultima grande sassata nello stagno della musica.
La trap non segna un cambiamento oggi?
E’ comunque sempre rap: con l’house fu l’ultima volta che ascoltai qualcosa di mai sentito prima. Me ne accorsi una volta che la capii. Non vedo l’ora succeda ancora qualcosa musicalmente.
C’è solo l’attività di produttore nel tuo futuro?
Johnson Righeira continua a cantare.
Sto riprendendo brani che non avevo pubblicato all’epoca: ci lavoreremo. Intanto ora usciranno sette versioni del remake del demo originale di Vamos a la Playa, tratto da una cassetta dell’epoca. A settembre uscirà il vinile che riassumerà le varie versioni insieme al demo originale.
Avete anticipato i tempi di tanta musica che sarebbe arrivata più tardi.
Con il plexiglas in spiaggia siamo tornati all’estate postatomica che avevamo previsto. Per non parlare di No tengo dinero: sono quarant’anni, ahimè, che ci dicono che è attuale!
La scorsa settimana Rettore ci ha detto che le piacerebbe fare un album con te…
Ci siamo sentiti un paio di volte durante la quarantena. Le ho parlato del nuovo progetto: sa che le porte sono aperte…