La maschera del ragioniere tragico raccontata da una marcia e da un tango
La Ballata di Fantozzi è la canzone probabilmente più storica e leggendaria legata alla comicità italiana. E’ il brano dedicato al ragioniere più famoso di sempre. Fantozzi nasce come personaggio letterario e divenuto una maschera del cinema e della società. Un eroe, sotto tanti aspetti.
Cominciamo quindi proprio da La Ballata di Fantozzi il nostro terzo e ultimo capitolo della rubrica Musica ed Eroi, con il quale indagheremo le colonne sonore dei film comici. Da sempre, infatti, novembre e dicembre sono dedicati alle risate dei cinepanettoni.
Quando nel 1975 il Maestro Fabio Frizzi musica le parole di Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e Paolo Villaggio, non può immaginare il successo che avrà il film, né tantomeno la canzone, vero e proprio paradigma del personaggio.
Sveglia e caffè, barba e bidet, presto che perdo il tram.
Bastano solo queste prime parole a richiamare già la melodia che Frizzi regala a ritmo di marcia con tanto di percussioni pronte a sottolineare l’incedere goffo e lento del ragioniere. A dettare i tempi della canzone sembra proprio la macchina da scrivere, lo strumento di lavoro nonché fonte di stress dei dipendenti. La Ballata di Fantozzi, come tutte le colonne sonore, descrive infatti il carattere del protagonista. La musica lo accompagna in ogni (dis)avventura per tutta la durata del film.
L’esordio quasi faticoso di una melodia su cui Villaggio interpreta quelle parole diventate cult, danno spazio a una frenetica necessità di affrontare la giornata dopo aver preso l’autobus rigorosamente…al volo!
Un coro di voci femminili riecheggia la voglia di vacanza con uno spensierato “Uacciuariuari” che contrasta con gli impegni di lavoro del protagonista.
La fatica, la frustrazione, le umiliazioni.
Questi sono i tre canali attraverso i quali La ballata di Fantozzi e l’intera saga del film sanno fare ironia, prendendo di mira in realtà non tanto i dipendenti della Megaditta quanto i potenti che li comandano. Ovvero quelli che dovrebbero prendere decisioni, e che in realtà si prendono gioco dei cosiddetti sottoposti, di cui il buon Ugo è proprio il simbolo.
Sposato con una donna (la Pina) che anziché amarlo lo stima tantissimo quando non prova per lui pena. Innamorato nemmeno troppo segretamente della più insopportabile, volubile e nemmeno troppo bella collega Silvani (interpretata dalla magistrale Anna Mazzamauro).
La maschera creata da Villaggio, nella sua palese mediocrità rappresenta l’eroe della normalità. Il ragioniere non accetta di passare per l’annunciato perdente, che deve rassegnarsi di essere alla fine di ogni triste storia.
Lotta per i diritti dei lavoratori, si mette in prima linea a difesa dell’azienda, protegge la sua famiglia.
Apparentemente gli riesce tutto male, in realtà il regista Luciano Salce dirige un geniale personaggio che le tenta tutte prima di dovere alzare bandiera bianca.
La Ballata di Fantozzi è quindi la colonna sonora di un eroe. Quello che, servile e senza personalità, ha degli scatti di orgoglio che sfociano proprio in quel coro del ritornello che raccontavamo prima.
Insomma, la caricatura della normalità, sebbene chiunque faccia fatica ad ammetterlo. Tutti ci siamo identificati almeno una volta in Fantozzi. Nelle sue testate contro i muri, simboli degli ostacoli quotidiani.
In fondo anche gli apparenti vincenti Calboni e Filini non sono altro che gli sconfitti che nascosti dietro al protagonista. Dietro all’eroe che fa da scudo.
Fantozzi rappresenta la fantasia di chi vivendo l’esperienza del tragico, come dice Henri Bergson, trasforma la nostra consapevolezza distaccata in una risata. Lasciandoci quel misto di tenerezza e compassione da cui è impossibile non farsi coinvolgere.
Incisa da Paolo Villaggio con l’uscita del film, La Ballata di Fantozzi è la facciata A di un 45 giri il cui lato B è arrangiato anche da Vince Tempera.
Si tratta dell’Impiegatango.
Ovvero della musica che nel film trova la sua versione unicamente strumentale nella orchestrazione del fantomatico Maestro Canello. Quello che portava avanti le lancette dell’orologio per accelerare il Capodanno in una società abituata a doversi muovere nella falsità.
La musica estremamente e volutamente dai caratteri tradizionali quali sono il walzer, il tango e la marcetta, va quindi a sottolineare l’aspetto comico della situazione.
Fabio Frizzi, compositore tra le altre colonne sonore anche di quella di Febbre da cavallo, trova con La Ballata di Fantozzi la sua consacrazione, dimostrando che la comicità vera, per essere tale, necessita di una musica fatta seriamente. Di una musica vera.