Laura Gigante, le note dell’attore: “La musica per me è fondamentale, mi aiuta ad entrare in un personaggio ma anche ad uscirne.
L’attore è colui che veicola un messaggio attraverso l’arte del proprio corpo. Questa espressione implica la possibilità di rappresentare la propria specificità e diversità, in quanto portatore di un’emozione da comunicare mediante il corpo e la voce. L’arte della recitazione ha bisogno di estrema empatia e di una perfetta sincronia tra il corpo e la mente.
Nell’articolazione di un film a dare un impatto ancora più incisivo è anche il contesto sonoro. Il legame che si crea tra la musica e la messa in scena di un racconto diventa un qualcosa di magnifico.
La musica non solo espande la scena al di là del visibile, ma trasforma anche la performance dell’attore, rendendola emotivamente più intensa, sia per lui che per il pubblico.
Ho avuto il piacere di incontrare una giovane attrice, Laura Gigante. Di origini napoletane ma nata e cresciuta a Modena. Una ragazza semplice e spontanea. La sua carriera nel mondo del cinema è esordita con il film Albakiara nel 2008. Inoltre ha lavorato con tantissimi professionisti come Andrea Gagliardi, Stefano Prolli e Tommaso Agnese.
Ciao Laura, come nasce la passione per la recitazione?
Tutto è iniziato all’età di 19 anni, quando mi trasferii a Bologna per frequentare il DAMS. Un giorno andai a fare un provino, era partito tutto per guadagnare qualcosa come comparsa. Così mi ritrovai con il regista Stefano Salvati e Carlo Lucarelli a parlare della mia vita. Rimasero molto colpiti da me e ad essere sincera anche io, non mi aspettavo di ricoprire un ruolo da protagonista. Da quel momento ha preso corpo il mio primo film Albakiara.
Raccontami dell’esperienza del film Albakiara?
Intensa! Perché molti spunti del film sono stati presi dalla mia vita. Il mio lavoro da attrice è iniziato dal primo giorno di scrittura della sceneggiatura. Dopo quasi due anni, tra le varie vicissitudini sono partite le riprese. Così mentre il film prendeva corpo, io frequentavo varie accademie a Bologna, come Bsmt e Galante Garrone. Una delle cose che mi ha emozionato di più è stata proprio la musica. Perché in quegli anni ascoltavo molto Vasco Rossi e nella maggior parte del film predominavano le sue canzoni. Infatti, il titolo del film si rifà alla sua celebre canzone Albachiara.
Dopo questo tuo primo debutto da protagonista?
Dopo Albakiara, ho intrapreso una carriera nel genere horror. Ho avuto una parte in Ubaldo Terzani Horror Show, con la regia d Gabriele Albanesi. Ho collaborato anche con i Manetti Bros. Poi ho avuto delle scene in “Poli Opposti” di Max Croci e in “Universitari” di Federico Moccia.
Nel 2005 ho interpretato una parte nel film “Mi chiamo Maya” di Tommaso Agnese. Un ruolo molto introverso e dark, insieme alla protagonista Matilda Lutz. Il mio personaggio, quello di Bea, mi ha stravolto completamente sia fuori che dentro. Avevo un look completamente diverso dal mio, mi sono dovuta rasare i capelli e cambiare colore, non mi riconoscevo più. Mi è servito molto per entrare nel ruolo di Bea ascoltare i Led Zeppelin e uno dei miei preferiti Fabri Fibra, lui mi accompagna sempre.
Tra i tuoi vari lavori sei stata anche la protagonista del videoclip di un brano di Salmo “Faraway”
Adoro la musica rap. Collaborare con Salmo e la sua crew per il video Faraway è stato pazzesco. Un’esperienza sicuramente nuova per me, ma anche la più bella in assoluto. È stato un lavoro dove abbiamo messo tutti tanta passione. Ho avuto la possibilità, grazie ai registi, due ragazzi veramente in gamba, Niccolò Celaia e Antonio Usbergo, di improvvisare quasi sempre e di vivermi il personaggio in piena libertà. A lavoro finito ho proprio goduto nel rivederlo!
Quando studi una parte ti capita mai di utilizzare la musica per immergerti nel personaggio?
La musica per me è fondamentale. Certo, mi aiuta ad entrare in un personaggio ma anche ad uscirne. Perché sai, a volte uscire da un ruolo non è sempre facile e in questo caso la musica è un vero tocca sana. Ad esempio, dopo una dose di Fabri Fibra, per uscire dal vortice negativo ho bisogno di musica reggae. Mentre se ascolto musica malinconica, come quella del grande Pino Daniele, dopo ho bisogno di sana allegria, che non mi faccia pensare. La musica ci può condurre anche verso una profonda ed intima visione introspettiva di noi stessi. È un’energia potente che mi accompagna in ogni momento.
Articolo a cura di Melissa Brucculeri