Vicissitudini al “Liga Rock Park” di Monza nella giornata di domenica 25 settembre.
È domenica, sveglia alle otto e mezza. Non è la solita sveglia però, c’è qualcosa di diverso. Intanto non bisogna andare a lavorare, grande cosa, e poi difficilmente capita di svegliarsi a casa di un amico (Andre) con qualcuno che ti aspetta sotto il portone a motore acceso. Giusto il tempo di prepararsi, un saluto dalla finestra, che scorgo Lucio e Cri giocare a pallone su un marciapiede di Cimiano (MI), con tanto di birra calda in mano, rigorosamente di una sottomarca sconosciuta.
“Siamo caldi?” – mi chiede Lucio – “Caldissimi!” – rispondo io. Parole d’ordine esatte e quindi partenza all’istante per Monza su una Peugeot 206 grigia, direzione Liga Rock Park. Durante il viaggio accadono le classiche peripezie di quando quattro amici si trovano in macchina: sbagliare strada dall’entusiasmo, inveire contro il navigatore e successivamente contro la signorina elettronica del casello, pacche sulle spalle, discorsi di sport, discorsi sulle donne da veri uomini virili e subito dopo discorsi sulle sofferenze da veri polli. Ma non c’è tempo di trovare un argomento decente che già siamo a Monza, un vigile ci dirotta su un’altra strada e le forze dell’ordine ci fermano per un controllo: “State andando al concerto?” – “Si!” – rispondiamo all’unisono, tutti con la stessa voce, solo e soltanto perché in divisa ci spaventerebbero anche le nostre mamme, pur sapendo di aver comprato la macchina ieri.
Scendiamo dall’auto non avendo la più pallida idea di dove sia l’ingresso di Porta Vedano, ma a naso siamo vicini. Comprati i panini districandosi tra i venditori abusivi di sciarpette, acquistiamo le maglie dal merchandising originale (che per un genovese è sempre un colpo al cuore) e ci dirigiamo verso il Pit BarMario. Sapevo che saremmo arrivati vicini al palco, ma così vicini non potevo immaginarlo: a soli dieci passi dalle transenne, sulla sinistra del palco! Finalmente sarei riuscito a scorgere qualche espressione dal viso di Ligabue nonostante la mia bassa statura.
Mi giro dai ragazzi e subito Lucio e Cri, il gatto e la volpe di questa storia, mi istruiscono sul come marcare a zona la postazione ottenuta nel Pit, prima che qualche bellimbusto ci superi senza averne il diritto (come se noi ne avessimo qualcuno, peraltro). Trascorriamo le sei ore sotto l’ultimo sole di settembre distesi l’uno sulle giacche dell’altro (perché senza asciugamani), a fare i turni per dormire (io e Andre) o a seguire la Serie A (Lucio e Cri), ed è già sera. Il tramonto avanza sulle migliaia di ragazzi nel parco di Monza e ad aprire il concerto ci sono due band delle quattro vincitrici al “Liga Rock Park Contest”: I “Dei degli Olimpo” e i “The Jab”.
Scaldiamo le mani con i primi applausi e il palco inizia ad accendersi. Sono già le 20.30, l’attesa è finita. In cinquantamila a fissare il palco, tutti in maniche corte, sembra che il tempo atmosferico non esista nemmeno. Escono Michael Urbano (il batterista), Federico Poggipollini (il Capitano), Max Cottafavi (storico chitarrista dei Clan Destino), Luciano Luisi (alle tastiere) e Davide Pezzin (al basso). Aspettiamo solo lui, le luci sono ancora spente, c’è quel silenzio rumoroso dell’attesa. Eccolo, Luciano Ligabue, capello grigio, giubbotto di pelle e Telecaster da urlo: si avvicina all’asta e parte Urlando contro il cielo. Una bomba. Una canzone dopo l’altra, senza fermarsi, tanto che con Andre guardavamo l’orologio per vedere che ora fosse, non ci stavamo annoiando, semplicemente non volevamo che finisse mai.
È sempre difficile descrivere la chimica dei concerti, c’è chi ci prova con i video ma non rende mai davvero. Gli sguardi delle persone, gli abbracci tra gli amici, tutti insieme a saltare e a cantare quei versi che tanto ci hanno colpito e che fino a ieri ascoltavamo in un CD messo in macchina, mentre ora siamo di fronte a Ligabue e li stiamo intonando insieme. Lui ha una presenza scenica pazzesca, guarda i fan negli occhi mentre tira fuori la poesia da quelle parole, che senza la sua voce resterebbero incomplete. Quando è passata un’ora e mezza, Liga e i musicisti ci sorprendono, arriva il momento acustico, cambiano gli strumenti ed inizia una nuova parte del concerto comandata da Metti in circolo il tuo amore e accompagnata dalla tromba e il flicorno di Massimo Greco, il sax baritono di Corrado Terzi, il sax tenore e sax soprano di Emiliano Vernizzi. Dopo qualche traccia si torna al rock, poi il bis. Le canzoni più belle le ha cantate praticamente tutte, e quel “praticamente” è solo un cavillo dettato dal tempo. Tre ore non sono bastate per una discografia veramente ampia, lo si può giustificare. I pezzi del nuovo album Made in Italy descrivono un Liga in continua evoluzione, sia soul che rock anni ’70, mentre l’annuncio del nuovo tour è una garanzia che ci saranno altri articoli a descrivere altri concerti. Urlando contro il cielo risuonata da solo con una Martin chiude il bis e a noi non resta che tramutare tutto in un bel ricordo, in qualcosa che abbiamo vissuto con la pelle d’oca e che racconteremo ancora per tanto tempo.
Il parco di Monza (ripulito alla perfezione dagli addetti in 10 ore dalla fine del concerto) lo lasciamo alle nostre spalle, riprendiamo la Peugeot di Cri e ripartiamo, domani Lucio lavora e saprà solo lui quante occhiaie avrà. Arrivati a casa di Andre spaghettata obbligatoria, con annesso peperoncino che non guasta, anche in una piena notte milanese, intanto quel che c’era da vivere l’abbiamo vissuto. Ormai per gli orologi è lunedì, ma per noi resta sempre domenica, ancora davanti al palco a cantare. Certe luci non puoi spegnerle. Grazie Liga.