Lorenzo Dipas: Cin cin all’Art Cafè, un brindisi alla vita, una musicalità da gridare col calice alzato e contorniati dalle persone amate
Lorenzo Dipas, al secolo Lorenzo Di Pasquale, è un artista teramano capace di mettere sottosopra i sentimenti con un approccio alla musica fuori dal comune. Sfrontato, genuino ma allo stesso tempo anche misterioso, nel 2024 annuncia un nuovo progetto da solista e sceglie un sound tendente ad annichilire i problemi esterni, trasformando i lati negativi in forza motrice. Il suo ultimo singolo è un inno all’unione che mette insieme ironia e dramma. Art Cafè è un manifesto della sua quotidianità, un omaggio al suo bar di fiducia, dove si riunisce la sera insieme ai suoi amici esorcizzando i demoni della vita.
Buongiorno Lorenzo e benvenuto nel nostro spazio! Come inquadri questo periodo della tua vita musicalmente parlando?
È sicuramente un periodo di rinascita perché vengo da quattro anni in cui sono stato fermo. Ho suonato poco dal vivo e dal covid in poi ho avuto parecchi problemi a riprendere in mano la questione musica.
Che ruolo occupa la musica nella tua vita?
Un ruolo particolare è centrale nel senso che è la mia passione più grande; ma è anche una spina nel fianco perché, farla con una certa qualità e professionalità che ho in testa, mi richiede parecchio sforzo e mi toglie molto tempo. È un po’ una croce e delizia. Non nego però che, quando si arriva a fare dei concerti e si suona dal vivo, è sempre una grande soddisfazione.
Chi sono stati i tuoi punti di riferimento in musica?
Ne ho avuti tanti, perlopiù i cantautori italiani del passato, come Lucio Dalla, Battisti, ma anche il primo Renato Zero, il primo Vasco Rossi. A livello internazionale sono sempre stato un patito dei Queen.
Sei nato in Abruzzo. Che rapporto hai costruito con la tua terra?
Un rapporto controverso. È una terra molto difficile dal punto di vista musicale, anche per un mero fatto numerico. È una situazione di provincia e imporsi con un progetto inedito è davvero complesso. Tante realtà sgomitano per farsi notare, alcuni riescono, altri meno. La scena musicale abruzzese è povera anche perché è poca sostenuta, non è considerata più di tanto. Se nasce un progetto a L’Aquila è difficile poi portarlo fuori o altrove. Solo i social ti possono fornire qualche occasione in più.
Segui un processo creativo per scrivere?
Ultimamente ho sviluppato un metodo che parte dalla spontaneità o da un concetto e poi da lì snocciolo a ritroso la canzone, la vado a cercare. A volte non ci penso e viene fuori, altre la devo costruire di mestiere cercando di arrivare a dire quello che vorrei nel modo giusto.
Spostiamo l’accento sul tuo nuovo singolo, “Art Cafè”. Ci racconti la storia di questo brano?
È un singolo nato spontaneamente. Ho un bar qui vicino casa che si chiama appunto “Art Cafè”, e tutte le sere mi incontro con la mia compagnia di amici. Siamo un gruppo particolare perché è formato da musicisti, attori, registi, tutti accomunati sia dalla stessa passione sia dalla rabbia contro il provincialismo, una specie di ribellione soppressa. Non manca comunque il clima goliardico, che ti fa tornare a casa e ti fa scrivere una canzone.
Come ti sei sentito dopo averla realizzata?
Leggendo il testo, si evince questa duplice faccia, quella tragica e quella comica. Più che da un’esigenza, nasce da un ricordo. Il messaggio che ho trovato dentro questo brano è prendersela a bene perché la vita è breve.
Mi ha incuriosito quando definisci questo genere “Baroque pop”. Che significa?
Me lo sono inventato per definire un’idea del genere che vorrei fare. Nell’era del minimalismo, del “Less is more” a livello musicale, mi piaceva l’idea di portare un progetto più vivo e pieno di strumenti, con arrangiamenti sfarzosi.
Stavo osservando bene la copertina del singolo e trionfa questo momento di condivisione e convivialità. Che significato dai al brindisi?
Bella domanda! Il brindisi è il momento in cui a fine giornata spegni la luce, rilasci tutte le tensioni del giorno, funziona un po’ da interruttore; è un momento di leggerezza estrema, limitato nel tempo perché dura poco, però ti scrolli di dosso la pesantezza della giornata di lavoro o dei problemi che ti inseguono.
Coltivi qualche altra passione oltre alla musica?
Mi piace disegnare, sto lavorando molto sui fumetti. Sto cercando anche di unire le due strade, ossia usare il disegno per comunicare la musica. La copertina del nuovo singolo l’ho disegnata io; mi diverte molto, siamo io e i miei amici, un po’ caricaturati e ironici, che poi è il tono che ha la mia musica. Sto realizzando un cartone animato per il prossimo singolo.
Ti vedi cambiato rispetto ai tuoi esordi musicali?
In realtà, la spinta maggiore per questo nuovo progetto è stata proprio l’essermi riconnesso con il Lorenzo di tanti anni fa. Nel marasma di tutta la roba che circola sul web, ho voluto fidarmi di ciò che mi piaceva da piccolo, un ritorno alle origini; è stato un bisogno di spurgo da tutto ciò che ci inquina le orecchie. Mi vedo più maturo sia dal punto di vista artistico che tecnico; a livello personale, sento lo stesso fuoco dentro di quando feci il primo concerto a 16 anni con la mia band, mi segnò per sempre, alla palestra del mio paese.
Che ricordi hai della musica da piccolo?
La prima prova con la mia prima band. Suonavo la batteria e usavo delle stecchette di legno su un coperchio di una pentola. È uno dei ricordi più nitidi che ho.
C’è uno strumento che ti porti dietro da sempre e che ti piace suonare di più?
Mi sto specializzando sul pianoforte e da poco ho iniziato anche a leggere la musica. Mi piace comunque suonare la chitarra, il basso, mi aiuta molto negli arrangiamenti.
C’è qualcosa che ti rimproveri rispetto al tuo passato?
Quando avevo 18 anni ero troppo insicuro per non scegliere di fare musica nella vita. Mi sono fatto convincere dal sistema intorno a me, ovvero scegliere una strada più sicura e coltivare la musica come hobby. Più che un rimprovero, mi sarebbe piaciuto avere un po’ più di polso.
Quando uscirà il nuovo disco?
Inizio 2025. Nel mentre vorrei pubblicare un altro paio di singoli se riesco.
Altri progetti in cantiere?
Vorrei tornare a suonare in giro con la band. Fare dei bei spettacoli, far divertire le persone. Il nuovo disco l’ho scritto anche in quest’ottica, ha sia una parte riflessiva che un’altra che si presta bene ai live.
Un sogno musicale che hai nel cassetto?
Da ragazzo avevo due sogni: mio padre che mi vedesse laureato e l’ho realizzato, e il secondo che mio padre mi vedesse a Sanremo. Adesso ridimensiono il desiderio e ti direi che mi piacerebbe fare un minitour nei club in Italia.