Intervista al cantautore abruzzese, che ci racconta i suoi nuovi progetti e ci parla della sua personale visione musicale
La musica non conosce confini spazio-temporali, ne sa qualcosa Luca Dirisio, che fa ritorno sulla scena discografica con un nuovo album, atteso per il prossimo 25 ottobre. Ad anticipare il progetto, il singolo “Come il mare a settembre“, prodotto da Giuliano Boursier per Music Ahead.
Come ti è venuta questa metafora?
Dal mio vissuto, perché attualmente vivo nella mia casa estiva e ci rimarrò almeno fino a metà ottobre, fino a che si può rimango al mare (sorride, ndr). In questo periodo, l’arrivo di turisti stranieri e le spiagge che si svuotano. Questo brano è una dedica alle storie estive, quelle che finiscono ma lasciano un segno.
A livello di sonorità, a cosa si deve la scelta di proporre una ballad? Tu che ci hai sempre abituati anche a brani uptempo
Sai, queste sono decisioni che prende la canzone stessa, quando compongo non mi focalizzo sul tipo di pezzo che verrà fuori, anzì, la maggior parte delle volte l’idea iniziale cambia. Per quanto mi riguarda i brani più belli arrivano in maniera naturale, quando mi metto a scrivere a tavolino, magari, ci metto un mese e non sono mai soddisfatto.
Il 25 ottobre uscirà il tuo quinto album…
Spero che questo progetto, che arriva dopo otto anni dal precedente, possa appagare le persone che lo acquisteranno. Mi auguro di aver sviluppato al meglio i punti che ho deciso di toccare, di aver reso chiaro il mio pensiero. Questo tempo mi è servito, ad un certo punto mi sono reso conto che mi era mancato sedermi su una panchina al parco, osservare quello che c’era intorno.
Cosa pensi dell’attuale industria musicale?
Dl talento in giro ce n’è, ma non viene più di tanto preso in considerazione. Sono convinto che le lobby discografiche abbiano più voce in capitolo di quanto possiamo immaginare. Chi appartiene ad una realtà indipendente fa sicuramente più fatica, anche se fai musica da venti o trent’anni. Quello che contano oggi sono i follower su Instagram, ma l’arte non si può misurare attraverso indici di gradimento.