Maca, “Fuori fuoco”: l’essenza dei momenti più vulnerabili e autentici

Maca
Foto: Ufficio Stampa

Marco Corveddu, in arte Maca, è un artista poliedrico che riesce a conciliare musica e arti visive: un graphic designer con la passione per la musica che ci ha presentato il suo lavoro. “Fuori fuoco” contiene una riflessione sul valore della imperfezione, un tema d’attualità considerata anche la presenza massiccia dei social che interessano soprattutto i più giovani…

Ciao Marco, vuoi parlare un po’ di te agli amici di Musica361?
Parlare di me è una cosa che mi mette un po’ in crisi e, allo stesso tempo, mi fa sorridere. Come hai detto, mi chiamo Marco Corveddu, ma mi presento come Maca. Sono nato a Lucca, una città di provincia con i suoi pregi e difetti. Sono cresciuto ascoltando i grandi cantautori italiani suonando la chitarra per passatempo, senza mai pensare di cantare o scrivere. Ho iniziato a farlo verso la fine del liceo, quando il cosiddetto indie italiano, o meglio l’itpop, stava iniziando a esplodere. Parlo di artisti come Calcutta, I Cani, Thegiornalisti, Lo Stato Sociale, Brunori, Gazzelle, Canova, Motta, Zen Circus, Ex-Otago, Dente, Giorgio Poi e molti altri. La loro musica, così diretta e imperfetta, quei pezzi a volte stonati, scanzonati, quei testi quasi pulp: tutto ciò mi ha ispirato e dato inconsapevolmente la voglia di scrivere. Ho iniziato con la chitarra, improvvisando accordi e testi senza filtri. Inizialmente era una roba che tenevo per me. Nel 2019 ho co-fondato il Creative Hub, diventato un punto di riferimento per gli artisti emergenti della nostra zona. Grazie ad Alessandro Del Freo (Refo), ho capito che potevo provare a registrare i miei brani e così ho pubblicato il primo EP “Caffé del Mercato” poi il secondo “La vicenda è più importante della carta”. Abbiamo chiuso il 2024 con la pubblicazione dell’album “Fuori Fuoco”. Sempre nel 2024, abbiamo organizzato il nostro mini-festival, TakeOver, che ha portato diversi artisti a esibirsi dal vivo. È stato emozionante creare uno spazio dedicato alla musica live. Comunque è grazie allo studio che è iniziata la mia carriera lavorativa come graphic designer, dapprima con gli artwork dei brani musicali, per poi accrescere il mio portfolio di esperienze.

Ti ispiri ai grandi cantautori italiani, vuoi fare qualche nome? Come definiresti il tuo genere?
Sì, diciamo che sono cresciuto ascoltando il cantautorato. Credo che grazie a loro io abbia imparato ad osservare il mondo con occhi curiosi. Fare dei nomi è come sfogliare l’antologia della canzone italiana: De André, Guccini, Gaber, Lucio Dalla, Battisti, Fabio Concato, De Gregori, Battiato, Rino Gaetano, Califano. Per poi arrivare a tempi più recenti come Samuele Bersani, Luca Carboni, Vasco Rossi. E così via, senza considerare i più attuali già citati prima. Tutti artisti che sono riusciti a creare poesie oltre che canzoni. Almeno per me. Non so se riesco a definire un “genere” per quello che faccio. Mi piace lasciarmi contaminare da quello che ascolto o anche solo dai suoni che mi circondano. Lo definirei cantautorato, almeno quello è il filone narrativo. Poi, per abusare di un cliché, perché definirsi?

Come riesci a conciliare passione per la musica e per le arti visive?
Fin da piccolo ho sempre amato disegnare, e successivamente ho scoperto la pittura… Dipingevo cose assurde e mi divertiva giocare con i colori e le varie tecniche. Non ho una formazione però mi faceva stare bene e la musica era lì. Girava nell’aria, mi trasmetteva cose che poi riflettevo, a mio modo, su tela, tutto in maniera inconsapevole. Come detto prima, ho iniziato a lavorare facendo le copertine per i singoli e da lì, purtroppo, ho messo da parte la pittura. La promessa che mi sono fatto è quella di ritagliare il mio spazio per dipingere. Oggi, il mio lavoro come graphic designer è comunque artistico: progettare mostre, impaginare, creare poster. Tutto un processo che stimola la creatività. Ovviamente sempre con le cuffie nelle orecchie.

Recentemente è uscito il tuo album Fuori Fuoco, vuoi parlarcene?
Molto volentieri. È un album che raccoglie sette tracce. Sono canzoni che ho iniziato a scrivere dal 2020, più o meno. È come una fotografia scattata “fuori fuoco”, questi brani raccontano l’essenza dei momenti più vulnerabili e autentici che ho vissuto, cercando di trasformare l’imperfezione in una risorsa. Ogni canzone invita a fermarsi, a osservare i dettagli meno definiti della vita e scoprire la bellezza nascosta nell’imperfetto. Racconto quel percorso, tra amore, ansie, vizi e crescita personale. È stato terapeutico per me, e spero che chi ascolta possa ritrovare qualcosa di sé nelle mie canzoni e, magari, sentirsi un po’ meno solo. Il processo è stato intenso e devo assolutamente ringraziare chi ne ha fatto parte. In primis Luca Mongardi (LVKE) che ha prodotto l’album, Alessandro Del Freo (Refo) e Alessio Pippi (Marlow) che lo hanno mixato e masterizzato. Matteo Moscardini e Zeno Marchi che hanno dato un tocco personale e autentico.

L’album contiene una riflessione sul valore della imperfezione, un tema d’attualità considerata anche la presenza massiccia dei social che vogliono tutti perfetti e invidiabili…
Ma sì, e che devo dire? Credo che il passo più difficile per tutti noi sia accettarsi. La ricerca della perfezione è sempre esistita, ma i social l’hanno esasperata, alimentando ansia sociale e un rifiuto delle imperfezioni. Insomma hanno creato un bel disastro, e tutti noi ne stiamo abusando. La perfezione fa schifo. I “difetti” ci rendono vivi e soprattutto unici.

Nell’album parli anche della ricerca di equilibrio, che consigli daresti in questo senso ai tuoi coetanei e ai più giovani?
Parlare di equilibrio è fondamentale, soprattutto oggi. Uno dei consigli più preziosi che posso dare è considerare la psicoterapia: è uno strumento incredibile per conoscersi meglio, affrontare i propri ostacoli e trovare un punto di stabilità. Guardandomi attorno, vedo che ne avremmo davvero tutti bisogno, soprattutto in un’epoca così frenetica e connessa. Un’epoca in cui fermarsi sembra impossibile, ma è necessario. Altri consigli, che possono sembrare banali, sono sicuramente: limitare l’uso dei social, prendersi i propri spazi, imparare a stare da soli, amarsi. È un percorso difficile, ma vale la pena intraprenderlo. L’equilibrio, alla fine, non è qualcosa che si trova ma si costruisce. Non bisogna aver paura a chiedere aiuto, non siamo macchine.

Siamo ormai in clima Sanremese, guarderai il Festival? C’è qualcuno per cui farai il tifo?
Certo! Mi piace come si è evoluto nel tempo e Amadeus ha fatto un lavoro straordinario nel modernizzarlo. Mi piacerebbe vedere meno intermezzi, lasciando spazio alla musica e magari evidenziare i temi sociali o globali attraverso messaggi significativi. Sono in difficoltà nel fare tifo, non mi piace viverla come una competizione. Comunque tre nomi: Brunori Sas, Lucio Corsi e Joan Thiele.

Oggi imperversano i Talent, cosa ne pensi?
I Talent sono un’opportunità, ma richiedono consapevolezza. Possono essere un’arma a doppio taglio Puoi rischiare di entrare in un tritacarne di contratti ed esclusive che poi ti lasciano fermo per anni. Da spettatore mi piacciono ma il percorso musicale deve rimanere autentico e fuori da certe logiche commerciali.

Prima di lasciarci vuoi rivelarci i progetti futuri?
Sto lavorando per portare “Fuori Fuoco” dal vivo. I live sono la cosa più importante, mi diverto e conosco gente. Ho anche in mente nuovi progetti e non vedo l’ora di tornare a scrivere. Sicuramente organizzeremo nuovamente il takeover. Comunque, se vi va, seguitemi per rimanere aggiornati.

Grazie per essere arrivati qui, buona musica a tutti. A presto!

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Ruggero Biamonti
Ruggero Biamonti
Autore con esperienza decennale presso importanti realtà editoriali quali Rumors.it (partner di MSN), Vivere Milano, Fondazione Eni e Sole 24 Ore Cultura, si occupa di temi che spaziano dall'intrattenimento al lifestyle.
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