Se poi i sogni si avvereranno, ben venga! Il trampolino di Marco Rotelli per una vita in musica. L’artista ci parla del suo album “Il mio domani”, della passione per la musica e dell’incontro con Deborah Iurato.
Raccontare l’album di Marco Rotelli “Il mio domani”, prodotto da New Music International, significa entrare completamente nel suo mondo di adolescente prima e di ragazzo dopo. Marco è autore e compositore delle sue canzoni, alcune delle quali erano tali prima ancora che lui stesso se ne rendesse conto.
“Il mio domani“, per esempio, è il più datato dei brani. Marco l’ha scritto che ancora non era maggiorenne: era timido e chiuso. Questa canzone era un po’ il suo canale di comunicazione con se stesso e con il mondo intorno. Forse era un destino che diventasse “la” canzone, perché è questo il brano che lo ha portato al grande pubblico e il primo registrato in un vero studio di registrazione, per una vera etichetta.
Chi è Marco Rotelli?
Sono un ragazzo che scrive canzoni e racconta quello che vive e che gli capita nella vita. Ho vissuto un’adolescenza particolare dove non mi relazionavo molto con il mondo: fare musica era per me una valvola di sfogo.
Da cantautore, quando hai sentito la necessità di raccontare la tua vita in musica?
Suono da quando avevo 7 anni: non pensavo di fare il cantante e di scrivere canzoni. Ho fatto il conservatorio e già allora avrei voluto fare musica. Ho girato con le orchestre sinfoniche facendo diversi concerti, anche in giro per l’Europa.
Quando hai scoperto il potere della musica?
Ho studiato musica classica ma ho sempre ascoltato quella pop. Un giorno in cui ero molto incazzato, mi sono messo al piano ed è uscita la mia prima canzone. Tutto è partito da lì: mi sono reso conto che facendo quello, stavo meglio. Quando non riuscivo a dire qualcosa a voce, andavo al pianoforte e lo esprimevo in musica. Non sognavo di diventare famoso; avevo invece l’esigenza mia di tirare fuori quello che era dentro e non voleva uscire.
Quali sono i tuoi obiettivi?
Punto a fare musica nella vita e so benissimo che non sarà facile! Non nascondo di avere degli obiettivi da sognatore quali ad esempio il Forum di Assago e, se vogliamo andare più in alto, lo Stadio San Siro, ma alla base vorrei vivere di questa arte (giusto per rimanere con i piedi per terra!)
C’è una canzone nel tuo album dalla quale vorresti che partissero i tuoi ascoltatori?
Considero tutte le canzoni ricordi che ho vissuto. Ognuno ha la sua importanza: c’è sicuramente un ricordo più fresco, vissuto magari per ultimo. Mi viene in mente la canzone “Coro distratto” che è l’ultima canzone che ho scritto e che inizialmente non doveva rientrare nell’album.
Di cosa parla?
Per la prima volta ho scritto una storia che non ho vissuto: un film che mi sono fatto. E’ la storia di una coppia (intesa nel senso più ampio del termine) che, in una Milano fredda e cupa, sta per lasciarsi. Lui, uscendo di casa, scende le scale, si guarda attorno e si sente smarrito in una città desolata. Sale su un taxi e mentre si allontana scorre dal finestrino tutto quello che succede per strada.
Quando fai musica, ti metti a nudo completamente?
Mi scopro abbastanza: alcune cose che dico nelle canzoni, solitamente non riesco a dirle a voce. Ci sono altre cose che vorrei dire ma non riesco ancora, neanche con le canzoni: è solo una questione di tempo.
Che colore ha la tua musica?
Le mie canzoni credo siano multicolor: non ne hanno uno particolare. Credo che ogni canzone di questo disco abbia un colore diverso perché fa parte di momenti diversi della mia vita.
Come hai conosciuto Deborah Iurato e perché hai scelto lei per un tuo pezzo?
E’ una collaborazione nata casualmente: ci siamo visti nello stesso studio. Ho suonato la canzone che poi abbiamo cantato assieme che è subito piaciuta a Mario Lavezzi, suo produttore. Da lì è nato il duetto. “Fermeremo il tempo” è sia nel mio album sia in quello di Deborah.
Marco Rotelli
www.marcorotelli.com