Matilde Schiavon: “La normalità è un concetto soggettivo e mutevole nel tempo”

Intervista alla giovane cantautrice padovana, al suo esordio discografico con il singolo “C’è tempo”

Matilde Schiavon
Matilde Schiavon si racconta ai lettori di Music361 in occasione dell’uscita del singolo “C’è tempo”

Capita di fermarsi per mettere ordine alle proprie cose, riflettere sul passato e interrogarsi sul presente. Questo e molto altro ancora è C’è tempo, singolo che segna l’esordio discografico di Matilde Schiavon, artista classe ’92  che ha saputo mettere nero su bianco pensieri e sensazioni provati durante il lockdown.

In “C’è tempo” ti interroghi sul concetto di normalità. Componendo questo brano, a quali conclusioni sei arrivata?

La normalità è un concetto soggettivo e mutevole nel tempo: quello che consideriamo “normale” oggi, potrebbe sembrarci insolito o addirittura sbagliato tra un anno. 

La mia normalità prevedeva delle cose che, quando poi sono stata costretta a fermarmi. Mi sono resa conto non essere davvero così necessarie o utili al mio benessere.

Quindi ho rivalutato un po’ il modo in cui trascorrevo le mie giornate, tra studio, lavoro, vita privata e ho cambiato quelle che erano le mie priorità; spostando il focus sulle cose davvero necessarie alla mia crescita.

Ho capito che certe situazioni ci sembrano “normali” solo perché e fintanto che ne siamo abituati, ma non significa che debba continuare ad essere così.

Nel testo dici: “In questi giorni ho tempo per guardarmi dentro, sistemare un po’ di cose”. Cosa ha rappresentato esattamente per te il lockdown e quali segni ti ha lasciato?

Per me è stata un’opportunità di autoanalisi, che mi ha portato a liberarmi da una serie di blocchi che mi sentivo dentro e che mi impedivano di fare quello che volevo in modo sereno. 

Ho chiuso definitivamente delle parentesi che avevo lasciato aperte per insicurezza e per la paura di spiccare il volo da sola, e ho iniziato a domandarmi cosa volessi davvero per me.

I mesi di riflessione mi hanno lasciato una gran voglia di lottare per quello che amo e un senso di sicurezza che prima desideravo ma non sapevo come trovare. 

Perchè hai scelto proprio “C’è tempo” come tuo biglietto da visita musicale? Cosa ti rende più orgogliosa di questo pezzo?

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La copertina del singolo “C’è tempo”

Non è stata una scelta ragionata, è stato tutto molto istintivo; il pezzo è nato in un momento particolare, che ha segnato una mia crescita interiore, e dal momento in cui è nato ho sentito il desiderio e il bisogno di condividerlo. Mi rappresenta in ogni sua parola e immagine, descrive i miei pregi e i miei difetti, in un contesto in cui credo che molti si possano riconoscere, e non solo per via dell’esperienza del lockdown. 

Sono fiera della cura e dell’attenzione che hanno segnato ogni istante dei lavori su questo brano, dalla sua composizione, all’arrangiamento, alle riprese del videoclip, sono felice delle persone con cui ho lavorato, perché sono state meravigliose e hanno colto quello di cui avevo bisogno, copertina del brano inclusa, e sono felice dei feedback che mi hanno dato tanto le persone che conosco quanto quelle che non conosco e che, ascoltando “C’è tempo”, hanno colto un qualcosa di genuino e di vero. 

Sono contenta di iniziare questa strada con un pezzo autobiografico, in cui tanti sono riusciti a riconoscermi e a riconoscersi.

Coltivi altre passioni oltre la musica?

Amo cucinare, soprattutto per le persone care; ma a parte questo, trovo che la musica sia una passione piuttosto “invadente” e non lasci molto spazio ad altre passioni. O almeno è così per me.

Visto che le citi nella canzone, quali sono le tue serie tv preferite? E in quale altro modo hai impiegato il tempo in quelle interminabili giornate?

In verità non sono una fanatica né della televisione in generale, né delle serie tv, difatti nel mio pezzo quella delle serie tv è più una frecciata che non un’ammissione di colpevolezza! Detto questo, mi è capitato di guardarne qualcuna, una per tutte “GOT”, ma cerco di non abusarne e, se posso, di spendere il tempo in altro modo.

Nei mesi di clausura, ho cucinato pietanze di tutti i tipi: sfornavo pizze almeno una volta a settimana, crostate, primi piatti e via dicendo. È stato liberatorio perché, tra un impegno e l’altro, era una vita che non mi dedicavo con così tanta costanza e passione alla cucina.

Ho registrato parecchie cover, ho seguito seminari online sulla voce, ho continuato a dare lezioni online ai miei allievi. Mi sono dedicata allo studio di Logic e delle sue funzionalità e, ovviamente,  mi sono comprata un microfono nuovo!

A livello generale, cosa speri che questa situazione di estrema difficoltà ci abbia potuto insegnare? Qual è l’augurio che ti senti di rivolgere all’intera società?

Spero ci abbia insegnato che da un momento all’altro può accadere qualcosa di assolutamente imprevedibile… che ci scombina i piani e che ci costringe a riprogrammare la nostra vita… e che, quindi, non valga la pena di andare continuamente e ossessivamente alla ricerca di stimoli nuovi, relazioni nuove, posti nuovi; ma sia invece più utile dedicarsi alle cose che ci fanno stare davvero bene e imparare a stare anche semplicemente con se stessi.

Io ho riscoperto la bellezza di tante cose semplici, che magari già facevo ma con poca consapevolezza di quanto amassi farle. Cucinare, passeggiare fuori, fare una telefonata a qualcuno, concedermi del tempo per fermarmi e farmi delle domande e prendermi cura di me. Auguro a tutti di trovare il proprio posto nel mondo, qualunque esso sia, e di essere felici di sé e del proprio percorso.

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Nico Donvito
Nico Donvito
Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
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