“Mogol canta Battisti”, la musica, il cantare assieme, il ridere assieme, la serenità, tutto quello che fa parte della bellezza della vita, il sorriso, la condivisione, è tutta salute
Non ha bisogno di presentazioni il più grande autore italiano. Da un calcolo della SIAE le canzoni scritte da Mogol hanno venduto 523 milioni di dischi in tutto il mondo, terzo dopo Beatles ed Elvis Presley.
Chi non canta “Io vorrei non vorrei ma se vuoi”, “Un’avventura”, “Dieci Ragazze”, “Il tempo di morire”, “Emozioni”, “I giardini di marzo”, “Il mio canto libero”, “Nessun dolore” e tantissimi altri indimenticabili frutto della storica collaborazione tra Mogol e Battisti?
Abbiamo intervistato Mogol dopo lo spettacolo “Mogol canta Battisti”, tenutosi a Pescara lo scorso 29 agosto, accompagnato dalle straordinarie interpretazioni di Gianmarco Carroccia e dalla Contemporary Orchestra diretta da Angelo Valori.
Maestro, il pubblico ha colto l’autenticità delle sue canzoni quando dopo lo spettacolo ha commentato dicendo: “Abbiamo conosciuto di più della vita di Mogol dai testi delle canzoni di Battisti”. Le fa piacere??
Certo, quelle canzoni sono entrate nel cuore e nell’animo della gente perché le hanno cantate. Dopo cinquant’anni molti ancora le ricordano a memoria e ciò è sorprendente.
Si leggeva la felicità sul suo volto quando stava in piedi di fronte al pubblico che cantava.
Ha notato che io canto per far cantare la gente? Quando canto il pubblico è più coinvolto e si diverte di più.
Tra l’altro “Mogol” ormai non è più solo un nome d’arte ma è diventato proprio parte integrante del suo cognome.
Proprio così. Sulla carta d’identità c’è scritto “Rapetti Mogol”. Lo Stato ha riconosciuto a me e a tutti i miei discendenti il cognome Mogol. Tenga presente che è una cosa che non succede tutti i giorni.
Lei ha detto subito che è abruzzese di adozione per aver trascorso l’infanzia a Silvi Marina. L’Abruzzo ha ispirato qualche canzone da lei scritta?
Certo! Il mare d’Abruzzo mi ha ispirato “La canzone del sole”, perché si vedeva a 20 metri il fondo. Quando dico “O mare nero” mi riferisco a un viaggio fatto per andare in Grecia dove nel mare ho trovato una grossa chiazza di petrolio. Ho sofferto molto a vedere l’inquinamento perché con mio padre andavo a fare il bagno nei fiumi, nel Po, nel Ticino, nei ruscelli di campagna. Parlo spesso di inquinamento nelle canzoni.
Prima dell’interpretazione di “Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi” ha spiegato che per scrivere una canzone occorre prima capire cosa sta dicendo la musica e poi tradurre questo in parole. Come si sviluppano questa sensibilità e questa capacità traduttiva?
Se lei ci fa caso in “le discese ardite e le risalite”, la musica va giù e poi va su perché devo scrivere tutto ciò che la musica mi dice. Come ha detto Einstein, il talento è sviluppato attraverso l’1% di ispirazione e il 99% di lavoro, perché il lavoro serve a creare gli automatismi che poi a memoria vengono fuori nel momento del bisogno e ci suggeriscono le soluzioni.
Noi parliamo sempre della sua collaborazione con Battisti, ma non trascurabile è quella con Mario Lavezzi col quale ha pubblicato di recente il disco “Capolavori nascosti”, alla riscoperta di autentici capolavori scritti assieme che vanno riscoperti.
Quella con Lavezzi è una grande collaborazione ma in “Capolavori nascosti” c’è “Bianche raffiche di vita” scritta per Mango, un artista di livello mondiale con cui ho lavorato. I suoi dischi sono di una qualità incredibile. Splendide anche “Giorni leggeri”, “Per la gloria”. Quell’album è fantastico!
Quale di questi capolavori nascosti ha avuto più piacere di riscoprire?
Tutti! Basti pensare a “Non è una bella idea” in cui c’è una tecnica che non so come mi è venuta! Sono due canzoni diverse che non si sviluppano in un tema unico ma in due distinti. Fu poi favolosa l’interpretazione della Mannoia in “Momento Delicato”: quei due che avevano distrutto l’amore nella loro casa. Si sente nella musica questa freddezza che colpisce forte.
A proposito di amore, “Il mio canto libero” parla di un sentimento che si eleva, parla di separazione e “Nessun dolore” invece di quello che si prova quando l’amore non c’è più. C’è qualche sfaccettatura dell’amore che avrebbe voluto ancora descrivere?
No, perché credo di aver parlato di amore in tutti i sensi. Sono stato sempre aderente alla vita, perché la viviamo tutti e abbiamo gli stimoli per capire che questa vita, oltre a essere prevedibile, è anche particolarmente incisiva, cioè noi l’assorbiamo e la sentiamo quando è vera e anche coloro che non hanno la cultura sufficiente la percepiscono per istinto.
Lei ha sorpreso sul palco quando ha cominciato a parlare inaspettatamente di prevenzione primaria e del ruolo della musica in questo.
È la grande operazione che sto facendo, l’ultima ma la più importante. Ho scritto il libro “La rinascita”, che sta andando in ristampa in questi giorni, con Giovanni Scapagnini e molti altri grandissimi medici.
Sono 32 anni che studio la prevenzione primaria e ho letto moltissimi libri su come si possa evitare di ammalarsi.
La musica, il cantare assieme, il ridere assieme, la serenità, tutto quello che fa parte della bellezza della vita, il sorriso, la condivisione, è tutta salute.
Come ha detto dal palco di Pescara, cantare assieme ci ha dato una bella scarica di endorfina.
La gioia, la passione, la condivisione producono endorfina che è quanto di meglio esista per il corpo.
Grazie Maestro per questa intervista
Grazie a voi
Intervista a cura di Domenico Carriero