Quattro chiacchiere con l’artista italo-congolese, al suo ritorno discografico con il singolo “Ballo”
Due anni: ventiquattro mesi, centoquattro settimane, settecentotrenta giorni… un lasso di tempo importante, che Mudimbi ha deciso di investire per se stesso e, di riflesso, per la propria musica. Una pausa presa dopo la fortunata partecipazione al Festival di Sanremo 2018, dove si è classificato al terzo posto tra le Nuove Proposte con “Il mago“. Una scelta che lo ha portato ad abbandonare momentaneamente i social network, recuperando uno stile di vita più umano e meno digitale. “Ballo” è il titolo del singolo che segna il suo ritorno, per la prima volta in veste sia di cantautore che di produttore.
In cosa senti di essere cambiato in questi ultimi due anni?
Probabilmente sono ancora più consapevole, non che prima non lo fossi, ma ho voluto prendermi questi due anni per conoscermi un po’ meglio. Un privilegio di questi tempi, un lusso che mi sono voluto concedere. Sono riuscito a ponderare meglio alcuni aspetti di me stesso, che poi si riflettono nella mia musica, sviscerando ancora meglio la motivazione che c’è dietro. Adesso sono molto più sereno e sicuro di quello che sto facendo e, soprattutto, del perché lo sto facendo.
Quanto pensi sia cambiato il mondo patinato e luccicoso della musica?
Non posso darti un feedback, perché sono stati due anni in cui mi sono veramente estraniato da tutto e da tutti. Non ho la reale percezione di come siano cambiate le cose. Spero onestamente che si sia mosso qualcosa perché, in generale, tutto il mondo patinato dello spettacolo, non solo quello della musica, non è un qualcosa di totalmente onesto e trasparente, bensì costruito. Non so quale sia la situazione attuale, magari adesso mi faccio un giro nel mondo della discografia e poi ti faccio sapere.
Hai sviluppato e coltivato altre passioni in questo periodo?
Un po’ sì, mi sono concentrato sulla scrittura, un esercizio che esula dalla musica, in più sto provando a rimettermi a disegnare, cosa che non faccio da anni. In generale, anche il lockdown è stato un periodo di riscoperta continua, un’epifania dietro l’altra. Sto provando a rimettermi in gioco, ma sono ancora al livello basic.
Appartieni anche tu al club di coloro che si sono dati alla panificazione e ad altre attività di questo genere?
Assolutamente no, diciamo che la maggior parte della quarantena l’ho passata a leggere e giocare alla PlayStation, non volevo diventare troppo intelligente e, quindi, ho abbassato il livello (ride, ndr).
Come trascorrerai questa particolare estate?
La passerò giù da me a San Benedetto del Tronto, devo ammettere che ero molto più preoccupato subito post-lockdown, perché immaginavo che la vita non sarebbe ricominciata così presto. Musicalmente parlando, invece, non so davvero ancora cosa aspettarmi.
Cantautore e produttore, come convivono in “Ballo” queste due anime?
Fondamentalmente è andato tutto di pari passo, ricordo di aver pensato al ritornello già con la strumentale. Mi sono messo a scrivere parole imparando contemporaneamente a comporre musica, ad arrangiare. Questo mi ha riacceso un entusiasmo che forse non avevo dai miei diciotto anni, perché è stato come rimettermi in gioco in un terreno inesplorato. Aver trovato il coraggio di farlo per la prima volta è stato incredibile e divertente, questo mi ha permesso di creare “Ballo” in tempi record, almeno per me, perché quando si è mossi dall’entusiasmo le idee vanno da sole a una velocità incontrollabile.