Gianpiero Cavalluzzi: “Per me lo spettacolo non deve solo divertire e intrattenere, ma anche formare e, talvolta, sconvolgere portando ad una riflessione”
È nato a Bari e vive a Roma. Laureato in scienza della comunicazione è cantante, blogger, giornalista e addetto stampa. La sua parola d’ordine è creatività, per cui in scena mette tutto sé stesso scrivendo il testo, recitandolo e dirigendolo. Cantando anche… l’ho conosciuto assistendo al suo spettacolo Rudy, l’ultimo Valentino. Impariamo insieme a conoscerlo meglio…
Parlami dei tuoi esordi, la prima volta che hai calcato un palco e hai deciso di fare l’attore?
A 14 anni, come cantante, durante il saggio della scuola di canto che frequentavo. Col tempo, però, ho capito che… “io non volevo solo eseguire – bene, ça va sans dire – tutte le note, ma volevo far vivere quelle storie”. Senza farle fallire nel loro intento, anzi! Volevo essere il protagonista delle vicende, non semplicemente colui che le raccontava in musica. Dopo tanto, ma tanto tempo (e due o tre vite di mezzo) ho iniziato a frequentare un piccolo “performance lab” teatrale a Roma per scoprire cosa significasse interpretare un personaggio a teatro. Ad insegnarmi tutto quello che so, però, a rendermi “un attore” è stata Pier Paola Bucchi, a cui devo tutto. È stata lei la prima a credere in me e a scritturami per un Feydeau diretto da lei, che ha rappresentato il mio vero debutto.
Progetto Lestoriedigianpiero… Di cosa si tratta
È un raccoglitore di idee, base di tutti i progetti “in solitaria” che ho creato tra il 2020 ed il 2021. È nato per darmi l’occasione di essere in video, soprattutto, ed è per questo che ho scritto persino un “Manifesto”, creato strizzando l’occhio a quello del Futurismo. Eccesso di megalomania, pardon, ma, in fin dei conti, era del mio futuro che mi volevo occupare attraverso Lestoriedigianpiero. Oggi si è “trasformato” in un riflettore di ciò che ho portato in scena a teatro. I “video” che avrei voluto realizzare hanno lasciato il posto alle cronistorie dei miei spettacoli. Solo immagini perché, secondo me, la magia del teatro deve restare a teatro. Nessun “video” potrà mai rendere giustizia all’intensità di uno spettacolo dal vivo.
Cosa e chi ti piace ascoltare in ambito musicale?
Mi sento un’anima prepotentemente pop che vede in quel segmento musicale la sua espressione più piena. Se dovessi individuare un “idolo” direi, senz’ombra di dubbio, Lady Gaga: lei rappresenta la mia idea di arte pop. Sono anche un grandissimo appassionato di musica leggera italiana, che ascolto nella sua complessità senza limiti temporali: da Luigi Tenco a Raffaella Carrà passando per Loredana Bertè e Claudio Baglioni. Anche se c’è un’artista italiana che amo più di tutti… Laura Pausini. Beh, credo che sia chiara la mia passione per i miti, anche in musica, no?
In Rudy canti…. Come hai operato le tue scelte musicali in quel monologo?
Ecco il Mito a cui sono affezionato più di tutti: Rodolfo Valentino! Le due canzoni che ho cantato sono state: “Kashmiri Love Song” e “El Relicario” e si tratta, in realtà, delle uniche due testimonianze della voce del primo Divo del cinema muto. La scelta, dunque, è stata quasi obbligata anche se entrambe le canzoni vivono nello spettacolo godendo di una luce propria. Voglio anche segnalare che Paolo Orlandelli (che ha collaborato appassionatamente alla creazione di Rudy. L’ultimo Valentino) mi ha suggerito di inserire anche “There’s a new star in heaven tonight”, brano inciso nel 1926 in occasione della scomparsa di Rudy e quindi, di fatto, primo omaggio postumo.
Anche un altro tuo monologo ha a che fare con la musica, Tenco… Me ne parli? Canti anche lì?
Il progetto su Tenco è una ferita ancora aperta: avevo in mente un’idea molto più elaborata che per motivazioni indipendenti dalla mia volontà non ha potuto vedere la luce. Sono riuscito a presentarne un estratto a Roma, la scorsa estate, durante un concorso. In quell’occasione ho cantato “Lontano lontano” e “Mi sono innamorato di te” che, però, non hanno potuto esprimere i rimandi che avevo studiato per entrambi i brani nello spettacolo completo. Mi sono anche concesso la realizzazione di un self tape che ho girato lo scorso luglio nel Rione Borgo, a Roma, dove Tenco ha vissuto fino al giorno in cui non ha lasciato la Capitale per raggiungere Sanremo. Volevo, a tutti costi, cercare di vivere l’atmosfera del cantautore.
Ti piace affrontare anche temi difficili, ad esempio: La buona morte…
Sì, hai ragione, mi piace affrontare temi che possano considerarsi “difficili”: ho scritto a proposito di diverse malattie mentali, dell’Alzheimer, della dipendenza dall’alcol, di stregoneria, a proposito della morte stessa, anche in chiave di… buona morte. Ho creato una pièce intitolata, appunto, Buona Morte che tratta il tema dell’eutanasia dal punto di vista della dignità non riconosciuta al malato terminale. Sono fermamente convinto che lo “spettacolo” debba trattare temi di questa natura per fornire al pubblico una finestra su ciò che non conosce, ma che, troppo spesso, si permette di giudicare e stragiudicare senza alcun riguardo per i soggetti realmente coinvolti. Per me lo spettacolo non deve solo divertire e intrattenere, ma anche formare e, talvolta, sconvolgere portando ad una riflessione.
Cosa stai preparando e cosa farai prossimamente?
Sto lavorando, innanzitutto, ad una ripresa di Rudy. L’ultimo Valentino, il progetto a cui sono più legato e a cui devo tantissimo. Sempre a fianco della Fondazione Rodolfo Valentino stiamo preparando alcune “sorprese” che spero, di cuore, si concretizzino. Di base c’è comunque la volontà di presentare lo spettacolo in altre città, non solo italiane! Il calendario è in fase di definizione. Sono anche a lavoro su di un altro Mito, smaccatamente pop, che mi piacerebbe “riportare in vita”, ma sono ancora agli albori e poi… Ci sono alcuni progetti non creati da me, ma straordinariamente forti, anzi fortissimi direi, che, scaramanticamente, è meglio lasciare ancora nella sacralità del… “cece in bocca”!
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