“Vengo in pace” è il nuovo disco di Nesli, che ne parla in maniera serena, felice, da persona – non a caso – in pace.
Come vuoi introdurci questo album, che chiude una trilogia di dischi nati separatamente ma che hanno dato senso logico ai tuoi ultimi 4 anni?
È un disco lineare, cioè consapevole di andare da qui a qui. “Andrà tutto bene” era una montagna russa. “Kill Karma” era una serata a teatro, cercavamo lo stile. Qui abbiamo seguito il flusso delle canzoni. Vedere questo album, oggi, è un motivo di festa, e lo è perché non è scontato poter pubblicare un disco, trovare una struttura che crede in quello che fai e nelle tue idee. Me ne rendo conto oggi più che mai.
Il titolo del disco che significato ha per te?
Il concetto di “Vengo in pace” descrive quello che sono io oggi: passa del tempo da quando inizi a lavorare a quando pubblichi un album, e quindi possono esserci differenze in quello che vivi. Invece, io oggi sono davvero così. In pace. Forse si sono allineati i pianeti e un giorno, nel 2019, mi sono svegliato sentendomi così.
Come mai oggi sei così in pace?
Non è che prima fossi in guerra, se lo sembravo non era così. Oggi però vengo in pace in un mondo che è in guerra, intesa come violenza verbale.
Sembra esserci molto del tuo brano, “La fine”, in questo album. A livello di mood, di atteggiamento, anche se questo disco alla fine approda alla pace.
Non saprei se “La fine” sia finita in qualche modo nel disco. L’ho scritta una vita fa, nel 2004, ed è uscita nel 2009. Se c’è nelle nuove canzoni forse è perché mi sono lasciato andare senza nessuna logica.
Cosa puoi dirci sul tour?
È iniziato il giorno prima dell’uscita album. Mi piace vedere l’effetto di canzoni nuove sul pubblico, è uno stimolo artistico che mi ci vuole. Da maggio farò un tour estivo nelle piazze, come l’anno scorso: esperienza tosta, che mi è piaciuta.
[Nesli precisa: “In battaglia io ci sono andato, Sanremo, Masterchef… Ho cercato di trasmettere quello che sono, e non è facile. Apparentemente sembro oscuro e spigoloso, ma non è così”].