Sempre sulla breccia, ha attraversato più generazioni musicali ed è sempre attuale: è da poco uscito il nuovo album di Fausto Leali intitolato “Non solo Leali”.
Un progetto composto da 10 duetti di cui 9 “al maschile” e uno d’eccezione, con la grande Mina.
La scintilla che ha acceso questa bomba creativa è nata durante una pizza in cui è stata lanciata la sfida di un album di soli duetti: Fausto si è sin da subito messo in gioco facendo partire la grande macchina discografica, dove la scelta dei brani è stata proposta direttamente dagli artisti coinvolti.
In attesa del Tour è previsto un primo calendario di lancio nei teatri del Triveneto: nel mese di dicembre lo potremo ascoltare il 7 al Teatro Salieri di Lignago (Vr), l’8 al Teatro Eden di Treviso, il 9 al Teatro Monfalcone di Gorizia e il 10 al Teatro Palladio di Fontaniva (Pd). Anche in questo caso c’è la novità: Fausto inaugura questo primo lancio salendo sul palcoscenico di teatri, mai calcati prima.
Una voce possente: qual è il segreto?
Per quanto riguarda la voce non ho mai abbassato le tonalità. A chi, che cantavo cinquant’anni fa, è la stessa di oggi. Le corde vocali sono muscoli che vanno tenuti sempre in allenamento continuo.
Come vedi la musica oggi?
Anche adesso esistono le canzoni e le voci: diversi stili e diverse situazioni anche se oggi la musica si è un po’ mescolata.
Un carriera con tanti duetti: ce ne vuoi parlare?
Di duetti ne ho fatti parecchi. Il più importante è stato quello con Mina nell’86, poi ho fatto alcuni pezzi con Loredana Bertè, due brani con Anna Oxa (quello di Sanremo e un altro che abbiamo portato al Festival Europeo), poi ho duettato con Luisa Corna e in ultimo con Teo Teocoli, in un brano di natura assolutamente ironico che si intitola Le donne allungano la vita.
Fino al tuo attuale progetto, nato per caso durante una pizza…
Due anni fa, il mio discografico e oggi produttore ha lanciato l’idea di un disco intero fatto di duetti: detto e fatto. Il primo pensiero è stato quello di Mina. Il suo sì è stato una dose di adrenalina che mi ha dato la forza e la volontà di chiamare tutti gli altri artisti all’appello.
Come hai fatto a scegliere questa “rosa” di artisti?
Sono tutti miei amici; mi piaceva l’idea di portarli in un mio progetto. L’unico, che ancora non conoscevo personalmente, anche per ovvie questioni anagrafiche è Clementino, che oggi, oltre a stimare artisticamente è diventato un amico.
Quanto è importante fare riferimento alla musica internazionale?
Sin da piccolo ascoltavo la radio, in particolare Claudio Villa e i classici napoletani. A 14 anni, quando ho iniziato a suonare, dovendo far ballare la gente, seguivo un repertorio che si chiamava “Cento motivi” fatto di brani classici, tutti americani. Quella musica ha iniziato a possedermi tanto da arrivare a Ray Charles e alla musica nera fino all’arrivo dei Beatles: da quel momento è uscito il mio stile.
Come sono nati i tuoi duetti? Non avete quasi mai cantato contemporaneamente…
Quando è stato possibile, nel caso di Enrico Ruggeri e Tony Hadley, abbiamo lavorato contemporaneamente. Con Alex Britti abbiamo fatto la base insieme, poi, dopo averla studiata l’abbiamo incisa separatamente. Con Ranieri non ci siamo incontrati per un’ora. Con Mina abbiamo fatto le voci separate ma il missaggio l’abbiamo fatto assieme a Lugano. Duetti diversi, incisi con tempi e modalità differenti.
Quando hai contattato gli artisti, ricordi una loro risposta originale che ti ha colpito?
Due anni fa ho scritto a Mina: Oh mia Regina, per i miei settant’anni avrei deciso di fare un disco di duetti e vorrei ci fossi anche tu. Se mi dirai di sì partirò con coraggio ad invitare gli altri colleghi.
Quale la sua risposta?
Ciao Campione (come mi chiama lei), di duetti non ne faccio più (e ha fatto seguire una serie di puntini…). In quei puntini ho visto la mia morte. La frase non era finita perché continuava con… però per te la regola salta! Sono a tua completa disposizione. Sentiamoci e decidiamo assieme il brano.
Sanremo è sempre Sanremo?
Sì! L’unica cosa che un po’ distoglie il pubblico dal Festival della Canzone italiana sono gli intermezzi dedicati agli ospiti e tutto quello non c’entra con la gara. Capisco però che lo show sia diventato televisivo.
Salterai a cavallo se dovesse arrivare l’invito di Carlo Conti?
Se arriverà, salterò a cavallo per un semplice motivo: non mi sono mai sentito così sicuro con il brano che ho da proporre.
Come vedi l’orizzonte musicale dei giovani?
Ci sono molti ragazzi che vorrebbero fare questo lavoro anche se sanno che non è facile. Una volta, le Case Discografiche investivano sui giovani perché avevano maggiori entrate dalla vendita dei dischi dei Big. Oggi un’etichetta che non vende più i milioni di copie non ha più quei budget a disposizione. Nascono così i Talent. C’è una grande delusione nei giovani, che partono in migliaia per arrivare a pochissimi selezionati. Di Mengoni, Emma o Amoroso ce ne sono pochi; sono quelli che negli ultimi anni sono riusciti a seminare e a fare qualcosa.
Nella tua famiglia, quanti seguono la tua arte?
Solo mio figlio: faremo sicuramente qualcosa assieme.
Sei scaramantico?
No, non sono superstizioso; rispetto all’ambiente sono sicuramente un caso anomalo.