La musica nel sangue e il musical nel cuore.
È il refrain di Ario Avecone regista di alcuni dei più bei Musical in scena negli ultimi anni nei grandi teatri nazionali.
Partito in grande stile nel 2007 con circa 40 date di “MR – Musical Romantico”, interpretato da Nathaly Caldonazzo, Ramona Badescu e Graziano Galatone, Avecone ha poi proseguito la sua carriera fondando la compagnia “Sipario di luce”, con la quale nel 2009 ha messo in scena “Musical of the world”, scritto, diretto e interpretato dallo stesso regista.
Solo tre anni più tardi il percorso dell’artista subisce una svolta creativa dando vita ad “Amalfi 839 AD”, un geniale musical storico immersivo in cui il pubblico ha l’occasione di assistere all’evolversi della storia dal centro della scena, un effetto ottenuto attraverso quindi il totale abbattimento della quarta parete.
Nove anni di vita, più di 700 repliche e decine di migliaia di spettatori da ogni parte del mondo, hanno decretato il successo di un brillante e per nulla scontato nuovo modo di fare teatro.
Virtuoso ma poliedrico il regista sposa la magia e il mistero nel 2018, portando al pubblico “Rebellion” che conferma la propensione per il musical storico narrativo immersivo, ma con un’attenzione totalmente diversa alla creazione di atmosfere, ambienti e con una ricerca appassionata sull’utilizzo delle luci e della musica.
Note di Regia: Ario Avecone
La musica epica orchestrale, tipica dell’epoca in cui è ambientato, è infatti fortemente contaminata dal genere rock e dalla musica elettronica. Una scelta decisamente audace, ma vincente, che ha decretato una lunga vita costellata di soddisfazioni allo spettacolo, sospeso nel 2020 a causa della pandemia.
Italiano, ma con una spiccata ammirazione per il mondo anglosassone, l’autore dopo un viaggio a Londra ha portato in scena in Italia il thriller-noir psicologico: “Murder Ballad – Omicidio in rock” e dopo uno stop obbligato dovuto alla chiusura dei teatri, Avecone tornerà forse ad aprile con “Vlad Dracula” un progetto molto originale di cui esiste una breve versione digitale distribuita su Spotify per gli amanti del genere.
Ario ci racconti il tuo rapporto sia personale che professionale con la musica?
Prima di diventare un regista ero un autore, cantavo ed ero un chitarrista. Ho fatto molte esperienze come chitarrista e mi sono esibito durante numerosi concerti e festival.
È chiaro quindi che la musica per me è un amore, una passione, che non tramonterà mai. Il mio percorso professionale ha avuto una svolta quando ho partecipato alle audizioni per lo spettacolo “Notre Dame” di Cocciante.
Partecipando all’iter di selezione, man mano che superavo i provini, mi appassionavo sempre di più al genere musical e alla regia. Fino a quel momento non ero legato al teatro in nessun modo, non avevo mai avuto esperienze dirette con il genere teatrale.
La musica continua però ad avere un ruolo importante nella mia vita sia a livello professionale che personale. Nell’ambito professionale, come autore e regista di musical, la musica è il leitmotiv di tutto lo spettacolo e molto spesso ne detta proprio le regole.
Il mio lavoro nasce generalmente da un’idea, a cui segue la creazione di un plot. La musica arriva appena dopo. Con un plot già definito inizio a comporre, o in alcuni casi a scegliere, le canzoni a seconda delle atmosfere che devo ottenere. In seguito viene tutto il resto.
La musica ha scelto te o tu hai scelto la musica?
Credo che sia stata la musica a scegliere me. Ho iniziato da bambino a prendere lezioni di pianoforte, ma dopo poco mi annoiavo e così ho abbandonato. In seconda battuta invece, già adolescente, mi sono interessato e avvicinato alla musica ascoltando i grandi gruppi rock degli anni ’80.
Ho quindi iniziato a suonare la chitarra elettrica e mi sono riavvicinato a questo meraviglioso mondo. Attualmente invece faccio le orchestrazioni per i musical e quindi ho messo in stand by la chitarra e mi sono impegnato anche a conoscere gli strumenti classici.
Vista la tua grande esperienza sia come musicista che come cantautore ci spieghi in poche parole in cosa consiste la differenza tra la creazione di un brano pop o rock e quello di uno spettacolo teatrale?
Il cantautore tende spesso ad inserire molto di se stesso e della sua esperienza nei brani che crea, invece nelle colonne sonore deve avere la capacità di vedere l’immagine dei personaggi per riuscire a creare una musica che li accompagni nella storia.
Il tuo rapporto con la musica è cambiato negli anni?
Il mio rapporto con la musica non è cambiato negli anni e soprattutto con il cambiare della mia professione. Ascolto sempre ciò che mi piace e paradossalmente non ascolto mai Musical nei miei momenti di relax e di vita privata.
Nella mia attività professionale, pur essendo un chitarrista, preferisco comporre le basi affidandomi allo strumento classico: il pianoforte.
Per quanto riguarda invece i miei personali gusti musicali, nonostante ci sia una divisione netta tra il mio lavoro e il tempo libero, è naturale che ci siano anche delle contaminazioni nelle scelte professionali.
Il musical è un genere molto particolare che richiede capacità interpretative su diversi livelli. Come selezioni le persone adatte a portare in scena i tuoi personaggi?
Scrivere un’opera significa dare letteralmente vita a dei personaggi, spesso la si scrive pensando proprio all’attore che potrebbe interpretare quel determinato ruolo, è normale lavorare spesso con persone con cui si ha già un rapporto di fiducia e una buona collaborazione.
Naturalmente è stimolante anche lavorare con nuovi professionisti.
Per poter far parte di un musical è fondamentale avere una certa capacità interpretativa musicale, non è sufficiente essere bravi nella recitazione.
Nel nostro Paese abbiamo molti bravi attori, ma pochi attori-cantanti, e soprattutto pochi attori- cantanti che raggiungono una certa popolarità a differenza di quanto avviene nel mondo anglosassone.
Questo dipende dal fatto che la nostra cultura sul musical è ancora giovane e non sufficientemente radicata.
Articolo a cura di Veronica Ruggiero