Intervista a Pamela Rovaris, fotografa per professione, ma anche e soprattutto per passione
Ci sono persone che non solo sanno stare al proprio posto, ma il ruolo che ricoprono lo onorano con impegno, passione e professionalità, tutti i santi giorni. Il talento per la fotografia di Pamela Rovaris si coniuga perfettamente con la sua umanità, dando vita a scatti autentici, espressivi, luminosi ed estremamente comunicativi. Abbiamo il piacere di approfondire la sua storia, ospitandola in questo ottavo appuntamento della rubrica“Protagonisti in secondo piano“.
Partiamo dal principio, com’è nata la tua passione per la fotografia?
Non è molto poetico… a differenza di quello che dicono tutti, tipo “l’ho sempre saputo” o “l’ho sempre sognato”, nel mio caso sono arrivata un po’ tardi alla fotografia. Ho cominciato per caso verso i quattordici-quindici anni, frequentando una scuola di grafica, ma ancora non sapevo bene cosa avrei voluto fare, Poi, mi è capitato di andare ad un concerto e fare delle foto per mantenere un ricordo. Lì mi sono resa conto che era uscito qualcosa di più di quello che potessi pensare, così ho pensato che valesse la pena continuare.
Negli anni ti sei specializzata nei concerti, ma ci sono anche altri tipi di soggetti che ti piace immortalare?
In realtà mi sono molto focalizzata sui live, forse per una mia ostinazione. Negli ultimi anni, invece, mi sono resa conto che mi piace anche altro e mi sono buttata sulla ritrattistica, ma anche sul reportage. Anche se non mi ritengo ancora specializzata in questi ambiti, mi piace molto confrontarmi e imparare cose nuove.
In qualche modo sei riuscita ad unire due tue passioni, quella per la fotografia e quella per la musica…
Sì, mi è sempre piaciuto seguire concerti, sono sempre stata una grande ascoltatrice di musica. Prima ancora di farlo per lavoro, tutto è nato per passione. Anche perchè, parliamoci chiaro, all’inizio i guadagni sono quelli che sono, con gli anni riesci a costruirti piano piano una tua credibilità. Ho impiegato anche io stessa un po’ di tempo per crederci, tutt’oggi la vivo ancora come una bella gavetta. La passione, forse, ti aiuta a non farti mai sentire affermato, trasmettendoti la voglia e l’entusiasmo per cercare di fare sempre le cose al meglio.
Lo affermi più per la precarietà di questo settore o per tua insicurezza?
Un po’ entrambe le cose (sorride, ndr), è un settore che non ti darà mai delle certezze, specie dopo un momento come questo.
Sai, sei una delle persone che ho frequentato di più in questi ultimi anni, pur non essendoci mai dati un appuntamento. Cioè, ci siamo visti per caso un sacco di volte in giro. Hai mai fatto una media dei concerti e degli eventi a cui hai partecipato pre-pandemia?
Almeno tre alla settimana sicuri, poi c’era il periodo più intenso dove magari ne seguivo anche due in una sera, passavo dal Forum di Assago all’Arci Ohibò, correndo da una parte all’altra. Calcola che ho iniziato nel 2015, fatti un po’ i conti tu (ride, ndr).
Ma lavorando riesci a godertelo lo stesso un concerto?
Naturalmente meno, quando hai un committente e le fotografie hanno una destinazione, te lo godi sicuramente molto meno. Il segreto è seguire anche eventi per pura passione, perchè mi incuriosisce tanto ascoltare artisti emergenti, non mi baso solo sul mercato o sulle richieste. Vado lì, scatto come sempre le foto, se viene fuori qualcosa di bello tanto di guadagnato per me e per l’artista, altrimenti mi sono goduta un pochino di più un concerto. A fare solo le cose che mi chiedono, forse, perderei anche un po’ il gusto.
Poi è arrivato il Coronavirus e tutto si è fermato. Alcune mansioni si possono svolgere comunque da remoto, ma nel caso della tua categoria immagino sia difficile reinventarsi, no?
Eh sì, noi ci siamo praticamente fermati, dopo Sanremo si è interrotto tutto. La scorsa estate qualche concerto c’è stato, si è avvertita la speranza di poter ricominciare, ma a settembre purtroppo si è ribloccato tutto. Collaborando con Radio Italia ho la fortuna di aver fatto qualcosa in più grazie ai Radio Italia Live, che si svolgono in studio senza pubblico, con lo staff tamponato e in pieno rispetto delle norme di sicurezza.
Capisco che si tratta di una situazione che nessuno poteva prevedere, per questo cerco di non andare nel panico, però è anche vero che non si vede la fine di questo tunnel. Siamo fermi da oltre un anno ed è impossibile reinventarsi. Anche volendosi spostare dalla musica, provare in altri ambiti, la maggior parte degli eventi sono bloccati, dalle sfilate di moda ai matrimoni. Personalmente sto cercando di utilizzare tutto questo tempo a disposizione per studiare, approfondire la conoscenza della ritrattistica.
Io e te andiamo d’accordo perchè non ti ho mai vista sbuffare, lamentarti anche nelle situazioni di estrema stanchezza, tipo a Sanremo. Si vede che ami ciò che fai..
Mi continua a piacere tantissimo quello che faccio, anche quando qualcosa mi convince meno cerco di trovarci del buono. Non considero costruttivo lamentarsi e criticare di continuo, anche perché mi sento comunque una privilegiata. Personalmente cerco di non dare mai per scontato un accredito o una commissione, per me sono degli attestati di stima. Quando mi hai proposto questa intervista, stavo per consigliarti di sentire qualcuno più bravo e conosciuto perché, francamente, io non mi sento nessuno.
Proprio per questo ho voluto te, perchè sei brava e perchè questa rubrica vuole raccontare le storie professionali di chi lavora dietro le quinte anche se, spesso e volentieri, molti addetti ai lavori scalpitano per passare davanti alle quinte…
Sfondi una porta aperta. Per quanto mi riguarda, non smetterò mai di ringraziare le persone che mi concedono queste possibilità, perchè nulla è dovuto nella vita e non ci si può sentire mai arrivati. Sono grata di lavorare con grandi professionisti e di affiancare persone che stimo molto, a cominciare da Francesco Prandoni, a lui sarò per sempre grata. Stessa cosa vale per l’intero il team di Radio Italia. Tutto bello e tutto assolutamente non scontato.
Cosa ti manca di più dei concerti e del tuo lavoro?
Sai, in una situazione complessa come questa si rischia di abituarsi ad una determinata condizione. Mi è capitato di vedere recentemente su YouTube dei video di un live di un gruppo che adoro, il tutto proiettato su schermo gigante in televisione. Ho sentito qualcosa che non saprei nemmeno spiegarti, ho realizzato che non era solo una questione lavorativa e che i concerti mi mancano per davvero. Non sono brava a descrivere le cose, ma le sensazioni che si provano durante un live non sono replicabili da nessun’altra parte. E’ uno star bene che equivale quasi a fermare il tempo. Quando si potrà tornare a godere liberamente di tutto questo, avremo modo non solo di riabbracciarci tra di noi, ma di riabbracciare anche la bellezza.