Paolo Conte, autore di culto, un gigante della canzone e un narratore strepitoso
Non è anomalo che un documentario sia corredato da un libro soprattutto se, nel suo insieme, riescono ad essere uguali ma necessariamente complementari.
Questo è il caso dell’ultimo libro a firma di Giorgio Verdelli “Paolo Conte”, edito da Sperling & Kupfer.
L’autore e regista di documentari musicali Giorgio Verdelli, dopo il successo del suo docufilm Paolo Conte, Via con me uscito nel 2020, ha deciso di prendere per mano i lettori e accompagnarli alla scoperta delle canzoni del grande cantautore astigiano rilevandone aspetti e forme inedite.
Il risultato ottenuto è quello non solo di un ritratto inedito e originale, ma anche quello di un racconto corale, un racconto che si sviluppa attraverso le parole dell’autore e di Paolo Conte sapientemente “contaminate” attraverso quelle di altri grandi personaggi del mondo della cultura, della musica e dello spettacolo.
Tra questi Roberto Benigni, a cui l’autore affida la conclusione del volume.
«Conte è il Matisse della musica italiana… ecco, innovativo e nella tradizione. Con queste dolcezze cromatiche, avventure cromatiche ha l’istinto des fauves… è una bestia selvaggia come loro, l’istinto primordiale» scrive Benigni.
Più che mai, come in questo caso, la funzione dei singoli capitoli assume il ruolo di tessera di un mosaico che comparirà nella sua interezza solo dopo l’ultima pagina del libro, permettendo al lettore, grazie a ricordi, curiosità, aneddoti e storie di entrare nel mondo di Conte, pieno di mille e più sfumature, quello che gli hanno permesso di essere il più poliedrico dei narratori musicali della musica contemporanea.
Paolo Conte è senza alcun dubbio un autore di culto, un gigante della canzone e un narratore strepitoso.
Nell’arco della sua carriera è stato capace di raccontare storie attraverso la musica, dominando influenze jazzistiche e tradizione cantautoriale italiana creando un mix unico, capaci di essere apprezzato oltre i confini nazionali.
Piccole, ma importanti, storie di una qualunque provincia del nord Italia sono diventate grazie a lui parte dell’immaginario collettivo di diverse generazioni anche grazie ai suoi testi, descrittivi ma mai didascalici, che ci hanno fatto “sentire” il sudore e l’ansimare di Bartali, “vedere” il colore del cielo, “annusare” l’odore dei vicoli di Genova.
Oltre alla già citata presenza del “piccolo diavolo” toscano, le parole di Renzo Arbore, Pupi Avati, Jane Birkin, Stefano Bollani, Vinicio Capossela, Caterina Caselli, Giorgio Conte, Francesco De Gregori, Cristiano Godano, Guido Harari, Paolo Jannacci, Jovanotti, Patrice Leconte, Isabella Rossellini, Peppe Servillo e Giovanni Veronesi aiutano il lettore a entrare in sintonia con il grande artista che ha fatto propria l’arte del non prendersi mai troppo sul serio, tranne che nella composizione musicale, utilizzando il pentagramma come una tela, con i suoni trasformati in colore, con la cronaca trasformata in poesia.
Anziché aspettare Godot, è sicuramente meglio trovare il tempo per un’altra sigaretta, per un’altra canzone.