L’incontro con il musicista pugliese, in uscita dal 19 novembre con il singolo “Vieni con me” che anticipa il suo nuovo progetto discografico
Si intitola “Vieni con me“ il singolo che rappresenta il biglietto da visita ufficiale di Paolò Marà, artista che ha preso parte a numerosi festival musicali, tra cui ricordiamo la sua partecipazione televisiva nel corso della seconda edizione di The Winner Is. Realizzato insieme al fido produttore Matteo Tateo per l’etichetta PAPA Musìque, il brano racconta l’universo musicale e personale dell’artista, mettendo in mostra la sua inconfondibile timbrica vocale.
Ciao Paolo, cosa rappresenta per te “Vieni con me”?
Una parte fondamentale della mia giovane carriera artistica, il mio primo singolo ufficiale che racconta una parte di me, rappresentando artisticamente ciò che sono a livello personale. Uno dei versi che mi descrive di più, infatti, è: “prendo la vita come una giostra, come una nave che traccia una rotta”.
Il testo è firmato da Matteo Maniglio, come ti sei trovato a lavorare con lui?
Ci conosciamo da tempo, lo scorso anno abbiamo entrambi preso parte alle selezioni di Area Sanremo. Nei mesi a seguire, abbiamo avuto modo di interfacciarci spesso e di iniziare a scrivere qualcosa insieme, lui è davvero un grande autore, quando ho letto per la prima volta il testo mi sono emozionato perché parlava proprio di me. Conoscendomi molto bene è riuscito a fotografare ogni paesaggio della mia anima, di conseguenza, lavorare agli accordi e alla musica è stato facilissimo.
Come e quando ti sei avvicinato alla musica?
Questa domanda mi fa sempre tremare un po’ le gambe (sorride, ndr), ho scoperto la musica all’età di otto anni, quando ascoltavo le cassette di Michele Zarrillo. Piano piano mi sono avvicinato allo strumento strimpellando una pianola guadagnata con i punti del supermercato, mentre le esperienze con le prime band sono arrivate con l’adolescenza. Quando ho iniziato a pensare di poter trasformare questa mia passione in un mestiere, mi sono scontrato con i miei genitori, che non hanno mai preso di buon occhio questa mia dedizione per la musica. Ho studiato canto e mi sono applicato, anche contro il loro volere.
Quali parole ti hanno infastidito da parte di chi non ha realmente compreso la tua passione?
Più che fastidio mi hanno provocato dispiacere, è un discorso legato alla mentalità, abbiamo la fortuna di vivere nel Paese più bello del mondo, ma non tutta l’Italia ha lo stesso tipo di apertura. In una realtà di provincia può capitare di non essere compresi, addirittura anche presi in giro, sia per la musica ma anche per qualsiasi altra passione. Non c’è una frase particolare, ci sono stati dei periodi in cui non sono stato capito, ma è servito a fortificarmi perché, se sei veramente innamorato di ciò che fai, niente e nessuno può fermarti.
Con quale spirito ti affacci al mercato e come valuti il livello generale dell’attuale settore discografico?
Con un forte spirito di adattamento, dagli anni ‘90 ad oggi c’é stata più di un’evoluzione, la musica è fruita in modo più immediato e veloce, bisogna stare al passo con i tempi e cercare di tornare ad alimentare il mercato con canzoni che possano restare nel tempo.
C’è un incontro che reputi fondamentale per il tuo percorso?
Più di uno. In primis il mio produttore Matteo Tateo, colui che più ha creduto in me e che mi ha trasmesso il coraggio per andare avanti nei momenti meno facili. Ringrazio anche Tommaso Martinelli, una delle persone più belle che ho avuto il piacere di incontrare nella mia vita, non è facile trovare in questo ambiente amici veri, lui lo è senz’altro.
Credi di aver raggiunto una tua identità ben definita o, più semplicemente, ne sei ancora alla ricerca?
Penso di aver trovato la mia rotta artistica, la direzione verso la quale mi piacerebbe proseguire il mio percorso, ovviamente c’è sempre da lavorare e molto da migliorare. “Vieni con me” è sicuramente un ottimo punto di partenza, le fondamenta per costruire al di sopra qualcosa di importante. Tendenzialmente di nascita sono un bluesman, anche se mi piace molto sperimentare ed utilizzare diversi colori della mia voce.
Cosa ha rappresentato per te l’esperienza di The Winner Is?
L’avventura più emozionante vissuta sino ad oggi, per la prima volta ho varcato la soglia di studi televisivi importanti come quelli di Mediaset, entrando a contatto con le persone e tutto ciò che c’è dietro uno programma del genere. Questa esperienza mi ha insegnato a comprendere meglio il mondo dello spettacolo, un bagaglio culturale molto più importante della vittoria o di qualsiasi altro premio in palio.
Se potessi “rubare” una canzone a un collega, quale sceglieresti?
Ti direi “Quanno chiove” di Pino Daniele, perché ogni volta che la canto e la suono mi ritrovo a combattere con le mie più profonde emozioni. Quando sono da solo mi lascio andare, mentre davanti al pubblico cerco di trattenermi. Un brano che ruberei sicuramente al grande Maestro.
Per concludere, qual è l’insegnamento più importante che senti di aver appreso da tutti questi anni di gavetta?
La musica è un linguaggio che accomuna tutte le popolazioni, non c’è alcun tipo di distinzione. Chiunque può farla o comprenderla, a patto che ci metta il cuore, potrà sembrare banale dirlo ma è più semplice di ciò che si pensa. Il mio obiettivo è quello di riuscire a trasmettere emozioni attraverso questo bellissimo linguaggio artistico.