“Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva”, è uscita nei giorni scorsi la ristampa a cura di Bifo e Gomma
«Carneade! Chi era costei?». Mi sia consentito di parafrasare una frase che Alessandro Manzoni mise in bocca al suo don Abbondio.
Ma chi (è) era Alice? «Alice era il diavolo, l’assalto totale allo stato dell’oppressione, il nostro sorriso, il nostro corpo sempre più libero, capace di amare», parola degli autori e di tutti quelli per i quali, in quella seconda metà degli anni ’70, “l’immaginazione al potere” era non un semplice slogan ma un formale invito a cambiare punto di vista, angolo di posizionamento sociale, necessità di libertà senza limiti.
È uscita nei giorni scorsi la ristampa di Shake edizioni per la collana Underground del libro curato da Bifo e Gomma dal titolo “Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva”.
Ancora una volta, mi reimmergo in un vissuto personale. Uno di quei vissuti in cui le narici del proprio naso respirano l’odore dei gas lacrimogeni e della polvere da sparo.
Un libro che ha capacità evocativa non solo per quanti, in quel periodo tra il 1976 e il 1977, hanno vissuto una città come Bologna ma, anche, per quanti hanno sempre creduto che la radio possa essere il primario strumento d’informazione, non mero contenitore di musica mainstream ma vero e proprio strumento di agitazione sociale.
Un libro che ripercorre il periodo che va dalle prime prove di trasmissione sino ai giorni della gigantesca e violentissima rivolta del marzo 1977, quando tutta Bologna scese in strada e i carri armati del Governo di allora invasero la città.
Sino a quel 12 marzo 1977 in cui avvenne lo sgombero di Radio Alice, la radio del movimento (senza che questo voglia sembrare riduttivo), la radio che mandava in diretta quanti telefonassero, senza filtri e ce(n)sure, la radio che ebbe l’ardire, con un concetto che anticipò il cosiddetto street journalism oggi tanto di moda, di documentare in tempo reale tutti gli scontri di quel marzo del ’77, compresa la morte di Pier Francesco Lorusso, studente.
Più che un saggio, anche se il rigore della scrittura di diritto lo inserisce in questo filone editoriale, il libro è il romanzo di un pensiero, di una nuova visione del linguaggio, di un’innovazione della cultura underground, di un gruppo di dadaisti, demenziali e libertari che furono l’anima di quello che è passato alla storia come il “Movimento del Settantasette a Bologna” e che pagarono, in prima persona, con il carcere le loro imprese.
I curatori utilizzano documenti, volantini, sbobinature di trasmissioni ma anche i file audio contenenti le registrazioni delle trasmissioni, rimaste sotto sequestro per più di vent’anni, che testimoniano con le parole e la musica chi fosse davvero Radio Alice attraverso le duecentosedici pagine corredate da illustrazioni e da un Cd audio che contiene le messe in onda del 1976 e del 1977.
Nella postfazione Franco “Bifo” Berardi filosofo, saggista, teorico della comunicazione ed attivista politico italiano riattualizza quel momento storico e ne analizza la trasformazione sociale.
Da leggere perché «Radio Alice è oscena come la lotta di classe» e perché Alice è stata la voce di chi non aveva voce.