“Registrando i Beatles” di Geoff Emerick, colui che guardava, oltre il vetro della regia
Scritto da colui che guardava, oltre il vetro della regia, i Beatles mentre incidevano le note che li avrebbero resi immortali e che, alla fine, aspettavano il suo pollice alzato per avere conferma della qualità del loro lavoro
Che un libro possa essere la “macchina del tempo” in grado di permetterci di essere in luoghi e tempi diversi dal nostro, è normale ma questo libro riesce non solo a questo e, come suggerito nelle note di copertina, ci permettere di trasformarci in una mosca che gironzola liberamente all’interno degli Abbey Road Studios quando ancora erano, semplicemente, gli studi londinesi della EMI.
Geoff Emerick non è solo l’autore di questo “Registrando i Beatles”, scritto con il supporto di Howard Massey, ma ne è il protagonista.
Un romanzo? Un diario? Un saggio? Forse il lavoro di Emerick riesce a essere tutto ciò perché con incredibile dovizia di particolari e con un taglio romanzesco che restituisce intatta l’atmosfera di un’epoca irripetibile che prende il via, narrativamente parlando da quella che potremmo definire “la notte prima degli esami”, dal racconto dei dubbi e delle inquietudini di un giovane fonico di 19 anni promosso, su richiesta dello stesso George Martin, ingegnere del suono dei Fab Four prima che diventassero Fab.
Gli appassionati dei baronetti di Liverpool sanno che Geoff Emerick è stato il fonico di studio che, a fianco del produttore George Martin, seguì le sorti musicali della band dopo l’abbandono di Norman Smith.
La storia di un ragazzo che vede non solo, giorno dopo giorno, concretizzarsi il suo sogno ma lo vede prendere forma all’interno di quello studio di registrazione in cui i Beatles davano sostanza alle loro idee e alle loro sperimentazioni.
La storia di un ragazzo che vide il suo desiderio di incidere profondamente sulla musica di quella che era già diventata la band più famosa del mondo diventare realtà.
Molti degli attuali fonici, forse, non sanno che Emerick cambio completamente le tecniche di posizionamento dei microfoni, soprattutto per la batteria, così non immaginano nemmeno lontanamente che le prime manipolazioni sperimentali sulla voce si devono a lui, come fu quando Lennon chiese a Martin di volere che la sua voce suonasse “come il canto del Dalai Lama dalla cima di una montagna, a chilometri di distanza” e il giovane Emerick pensò di utilizzare un Leslie, che tipicamente si utilizzava per l’organo Hammond.
“Registrando i Beatles” è uno di quei libri che racconta qualcosa di davvero importante e significativo sull’epopea beatlesiana, perché è opera di chi lì, in quegli studios, durante quei giorni e quelle notti dense in cui l’utopia era qualcosa di palpabile e i fumi psichedelici e del flower-power, era presente, seduto dietro il mixer.
Colui che guardava, oltre il vetro della regia, i Beatles mentre incidevano le note che li avrebbero resi immortali e che, alla fine, aspettavano il suo pollice alzato per avere conferma della qualità del loro lavoro.
Nelle sue 380 pagine, con la prefazione di Elvis Costello, questo libro si candida a essere uno dei libri musicali più coinvolgenti e potente degli ultimi vent’anni anche perché contiene «aneddoti unici e alcune opinioni sorprendentemente critiche», come scrive Costello.
Il libro è pubblicato, nella sua versione italiana tradotta da Luigi Abramo, da Coniglio Editore che, dopo 10 anni di assenza, torna nelle librerie con la dichiarata volontà di occuparti di racconti di musica.