Rettore “Dadauffa (Memorie agitate)”, l’autobiografia da leggere e rileggere tutta d’un fiato
Da “Io sono Donatella” a “Io sono Rettore” e ritorno.
«Ciao mamma, vado a vivere con Mick Jagger» questo era il contenuto di un biglietto che la giovane Donatella, aveva allora 11 anni, lasciò a sua madre.
Donatella Rettore, in realtà dovremmo chiamarla Rettore perché come lei stessa disse «Continuavano stramaledettamente a chiamarmi Donatella, quando io imponevo Miss Rettore…
L’idea era di ammazzare la persona, metaforicamente, per far vivere il personaggio. Lo dicevo in ogni modo: Donatella è uscita, a casa non c’è, è scoppiata, è cascata, spappolata nel blu.
Donatella è sparita, non sta più con me, s’è impiccata sul bidet».
“Dadauffa (Memorie agitate)” è il titolo della sua autobiografia edita da Rizzoli. Un lungo racconto che la racconta senza mezzi termini.
Il ritratto che ne esce, ma ricordiamo che si tratta di un’autobiografia, è quello di una pioniera di mille battaglie e di mode che sarebbero state formalizzate solo anni dopo le sue scelte.
Rettore affida il suo manifesto alle prime pagine del libro: «Dire quello che penso, soprattutto quando si tratta di qualcosa di scomodo, è sempre stato un mio pregio, e quindi anche un mio difetto».
Pregi, difetti della ragazza di Castelfranco Veneto, dalla formazione de “I Cobra”, la sua prima band, alla collaborazione con la “Nuova Compagnia di Canto Popolare” sino a oggi.
E lo fa attraversando le sue tappe raggiunte, le sue sconfitte, le sue delusioni, il suo impegno nelle battaglie civili e sociali che l’hanno contraddistinta e il racconto della malattia che l’ha colpita «Sin da piccola ho pensato alla morte.
Vivevo vicino all’ospedale e, ogni tanto, andavo pure all’obitorio a vedere i morti. Mi rendevo conto che tutti, prima o poi, saremmo finiti lì.
Sono sempre stata molto cosciente di questo, della nostra fragilità, che la vita è un passaggio. Noi siamo un bel mistero, non sappiamo dove viviamo e dove andremo».
Il suo debutto, nel 1974, al Festival di Sanremo passò inosservato ma non il suo passaggio al rock, nel periodo 1978-1979, quando uscì con “Eroe” e “Splendido splendente”.
Rettore, proprio in quegli anni, anticipa la cosiddetta “generazione di MTV” sfornando videoclip dei suoi brani ispirati alla scuola del glam inglese e caratterizzati da una forte vena punk.
Pacifista convinta, lo scorso anno dichiarò al Corriere «Mio padre è tornato dai campi di Buchenwald e Mauthausen che pesava trenta chili, era scappato con un gruppetto di internati.
Vennero i partigiani a chiedergli di combattere e lui disse che mai avrebbe ripreso un’arma per uccidere qualcuno. Trovo che ci sia scarsa mobilitazione per la pace» e oggi tra le sue battaglie c’è anche il diritto all’eutanasia.
Duecentoventiquattro pagine. Una vita vissuta senza mai rinnegarsi e rinnegare le proprie scelte. Un racconto fluido, avvincente, quasi mai autocelebrativo. Un racconto per capire, finalmente, chi è Rettore.