A tu per tu con Riccardo Nocera, personal & tour manager per grandi artisti, responsabile di produzione e organizzatore di eventi
Passione e professionalità, con queste due parole potremmo definire Riccardo Nocera, responsabile di produzione e organizzatore di eventi, nonché personal & tour manager per grandi artisti. Nel mondo della musica ci è nato, seguendo sin da piccolo le orme del padre Antonio, discografico e storica figura di riferimento dell’intero settore. Abbiamo il piacere di approfondire la sua storia, ospitandolo in questo settimo episodio della rubrica “Protagonisti in secondo piano“.
Più che chiederti come ti sei avvicinato alla musica, considerati i vari ruoli che ha ricoperto tuo papà negli anni, ti chiedo com’è stato nascere e crescere in questo ambiente?
Un privilegio, perchè questo è un mondo che sembra grande, ma alla fine è molto piccolo e non da spazio a tanta gente. Io ho avuto la fortuna di nascerci, con gli anni ho fatto il massimo per meritarmi questo posto, questo onore.
Che ricordi hai di quando eri bambino?
Ricordo mio papà che era sempre via, guardavamo da casa il Festival di Sanremo attaccati al televisore aspettando che lo inquadrassero. La sua scrivania era sempre piena di cassette e di cd, sono cresciuto così… circondato dalla musica, ma quando sei piccolino non te ne rendi conto più di tanto. Essendo il più irrequieto di tre fratelli, mia mamma chiedeva a mio papà di portarmi ogni tanto con lui in ufficio o in giro. Un paio di volte sono stato a Verona al Festivalbar, per cui mi sento davvero un privilegiato ad aver potuto vedere e sentire tante belle cose sin da bambino.
C’è stato un momento in cui hai capito che questo era quello che avresti voluto fare anche tu da grande?
Dopo la morte di mia mamma volevo lasciare la scuola, così mio papà per punizione, per castigo, mi aveva mandato a lavorare in un tour estivo con RTL 102.5, convinto che a settembre sarei tornato a studiare. Invece lì mi sono ritrovato nel mio habitat naturale, anche se non è stata una passeggiata, perchè a quei tempi si facevano una cinquantina di date in giro per l’Italia in due mesi. Era un viaggio continuo, ogni giorno bisognava montare e smontare, sotto il sole, nelle piazze. Tutto abbastanza impegnativo, però in quel momento ho capito che quello era il mio mondo.
Come si è evoluto il tuo mestiere negli anni?
Ho continuato per quasi quindici anni a lavorare per RTL, facendo la mia gavetta seguendo i più grossi eventi italiani. Da Sanremo al Pavarotti and Friends, passando per lo sport, dal calcio alla Formula 1, lo sci, il ciclismo, ma anche il Motor Show e la Mostra del Cinema di Venezia. Lavoravo come schiavo generico (ride, ndr), nel senso che facevo di tutto, perchè comunque eravamo in pochi e c’erano tante cose da fare.
Nel 2005 il mio capo dell’epoca Giampaolo Mazzolini, decise di seguire un’altra strada, la famiglia Suraci mi propose di prendere il suo posto come responsabile di produzione, ruolo che ho ricoperto fino al 2013. Non essendo mai a casa, avendo avuto in quel periodo due gemelli, mi sono ritrovato a prendere una scelta, buttandomi nel mondo dei concerti. Andavo e venivo, ma non stavo via per tanto tempo come prima. L’obiettivo era comunque quello di rimanere in questo ambiente, perchè ci sono nato e penso ci morirò (sorride, ndr).
Stando al tuo percepito, com’è cambiato negli anni il mondo della musica?
E’ cambiato tanto, negli anni è diventato sempre più un business. Ti parlo da ascoltatore, perchè oltre ad averci a che fare per mestiere, mi reputo un grande appassionato di musica. Il problema numero uno è rappresentato dall’avvento di internet, dello streaming, che ha veicolato il messaggio sbagliato che la musica sia gratis. Per fare un disco occorre il lavoro di un sacco di persone, non c’è soltanto l’artista che ci mette la voce e la faccia. I guadagni non sono più quelli di una volta, di conseguenza non c’è un grosso budget per poter investire in nuovi progetti. Si è capovolta la frittata, prima i cantanti venivano pagati per fare musica, mentre oggi sembra quasi che debbano pagare loro per farsi ascoltare. E’ un circolo vizioso che sta distruggendo tutto.
Venendo all’attualità, appartieni anche alla scuola di pensiero di chi sostiene che non si sia fatto abbastanza per tutelare gli operatori dello spettacolo da parte delle istituzioni?
Assolutamente sì, non è che non si sia fatto abbastanza.. si è fatto zero! Considerando il calo delle vendite dei dischi negli ultimi vent’anni, i guadagni si erano spostati sui live. Questa situazione pandemica ha bloccato tutto, lasciando a casa un sacco di gente. L’unica soluzione è tornare a suonare al più presto, ovviamente occorre ridimensionarsi, un po’ come si è fatto la scorsa estate. I big sono quelli che pagheranno di più questa situazione, perchè uno come Vasco Rossi che nell’ultimo tour ha radunato 300.000 persone, quando potrà riuscirci di nuovo? Naturalmente ci sarà anche la paura da parte del pubblico, difficilmente si tornerà a riempire in tempi brevi uno stadio o un palazzetto, sarà una cosa graduale. L’importante è ricominciare presto con la dovuta attenzione, sono fiducioso per la prossima bella stagione.
A seconda dei ruoli, c’è chi ha potuto in qualche modo reinventarsi in questo ultimo anno, lavorando ad esempio anche in televisione…
Sì, come categoria noi ci siamo sempre rimboccati le maniche su più fronti, per cui qualcuno è riuscito a reinventarsi. Per quanto mi riguarda, con i live fermi mi sono buttato più sulla sicurezza e sulle trasmissioni televisive. Il problema è che, secondo me, tanta gente cambierà mestiere una volta finita questa emergenza. Ci sarà un ridimensionamento del personale, sperando che rimangano i buoni, i tanti professionisti che nobilitano con il loro impegno l’intero settore. Parliamo di persone che hanno investito la propria vita in questo lavoro e che vedono sfumare interi anni di sacrifici.
Tu che ne hai visti tanti, cosa ne pensi di Sanremo e del gran parlare che si sta facendo attorno alla scelta di confermare le date già in programma?
Sanremo per me è una seconda casa, lì ci sono i ricordi più belli della mia vita lavorativa. Ventidue edizioni non sono poche, ne ho fatte davvero di cotte e di crude (sorride, ndr). Quest’anno non sarà lo stesso, perché il festival non è solo la trasmissione televisiva, ma è il ritrovo di tutti gli addetti del settore. Sarà tutto limitato, come è giusto che sia, perché siamo in piena emergenza Covid e il pericolo non è da sottovalutare.
Vedremo… ma per me sarà sempre grande, perché Sanremo è Sanremo.
Cosa ti manca di più dei live e cosa davamo, secondo te, per scontato?
Per tutti noi era normale andare ad un concerto, al punto che la maggior parte delle persone passava il tempo con il telefonino in mano, senza godersi lo spettacolo. Adesso che non c’è la possibilità di assistere ai live, ci rendiamo conto che guardare un vecchio video sullo smartphone non è la stessa cosa. All’inizio hanno un po’ provato con i concerti in streaming, ma ci siamo resi subito conto che non funzionano, perchè viene a mancare la forza, la potenza e l’energia sprigionate dal vivo.