#Notedicarta: Rock, massa e potere. Non tutte star son quelle che luccicano
Forse non tutti hanno letto “Massa e potere” di Elias Canetti, lettura che consiglio vivamente.
Scrittore in lingua tedesca e grande figura d’intellettuale della cultura mitteleuropea, Canetti ricevette il Nobel per la Letteratura nel 1981.
Minore fu invece, presso gli ambienti accademici, la fortuna di “Massa e potere”, l’opera cui egli dedicò gran parte della sua vita, dal 1922 al 1960, che non ha mai suscitato l’interesse del vasto pubblico, neppure dopo la scomparsa del suo autore avvenuta nel 1994.
Alla sua opera s’ispira Rudy Marra, autore, compositore, musicista e scrittore. Laureato in Sociologia presso l’Università “Carlo Bo” di Urbino con la tesi “Massa e potere: l’esperienza delle masse giovanili contemporanee”, proprio la sua tesi è stata prodromica a questo “Rock, massa e potere” edito da Editrice Zona.
La prima parola che ha suscitato la lettura del libro è stata “Finalmente!”. Sì, finalmente perché la storia della musica, e del contesto sociale che genera, aveva bisogno di una voce fuori dal coro, dissacrante e ben lontana dal politicamente corretto che, normalmente, avvinghia tutti i saggi dedicati alla musica, alla sua storia e ai suoi rapporti con la società.
Rudy Marra, sulle orme di Elias Canetti, ci consegna un’analisi impietosa tra iconoclastia e disincanto.
Autore lucido e preparato, Marra, il cui acuto rigore e la sua totale estraneità al banale gli permettono di mettere nero su bianco quanto altri hanno forse pensato ma che mai hanno avuto il coraggio di scrivere, genera nel lettore, pagina dopo pagina, un ineludibile senso di fastidio che cresce pagina dopo pagina.
Già questo rende unica l’opera e, pertanto, assolutamente da leggere.
Marra adotta un procedimento di analisi e scrittura molto interessante per lo studioso dei fenomeni sociologici usando come attivatore la sostanza intangibile dell’emozione ma, forse proprio per questo, ci propone un lavoro disturbante di quanti, accavallati al proprio romanticismo, vedono i loro sogni e le loro visioni infranti.
L’analisi del mito e del sogno è decostruita da Marra che la viviseziona mettendola sotto la lente d’ingrandimento dell’analista e la mette poi a nudo nel linguaggio freddo, asettico e antipoetico della saggistica che caratterizza, senza alcuna caduta di stile o incongruenza, tutto il suo lavoro.
L’autore tratteggia, con estrema lucidità, perizia, precisione di linguaggio e padronanza della materia, un disarmante quanto realistico identikit della “massa”, quel popolo delle arene rock, classificandone le forme di aggregazione, i simboli distintivi, i rituali collettivi, il rapporto sbilanciato con i propri idoli.
Da tutto ciò, l’autore tratteggia pulsioni e movimenti della massa che, come da manuale, si muove come un unico corpo legato ai dettami e agli istinti che lo contraddistinguono, rispondendo a una sorta di legge naturale strettamente legata al fenomeno rock cui per arrivare ad analizzare il parallelismo tra potere e paranoia, che in un volume come questo, ha una sua ragione d’essere.
L’analisi impietosa di Marra, come un bisturi incandescente che affonda nella carne, anche grazie ai suoi circostanziati rimandi all’opera di Elias Canetti, citato regolarmente in ogni pagina, ci conduce attraverso le 180 pagine che compongono il volume e ci costringe a sentirci stritolati e insicuri, affascinati e impotenti, perché così si esce dalla lettura di questo libro, uno di quei libri che, forse, non sarà ben compreso ma che ha il valore aggiunto di segnare una sorta di spartiacque che manda in pensione definitivamente le agiografie.