Sampaolo: “Che te ne frega”, per raccontare quello che accade intorno a noi e non perdersi il meglio della vita
Sampaolo è un cantautore di talento e dalle profonde radici emotive. Un artista vero, verace e che con Che te ne frega è riuscito a chiudere un 2024 importante sotto tanti punti di vista. Che te ne frega è un brano intenso e toccante, ispirato dalla relazione speciale con sua figlia Sofia, che lo ha condotto a scoprire un amore che non aveva mai conosciuto, così alto e così forte. Il brano si muove su una melodia coinvolgente e riflessiva, accompagnata da un testo che esplora la bellezza dell’essere presenti, senza il bisogno di inseguire traguardi irraggiungibili o aspettative altrui. Attraverso immagini quotidiane e poetiche, Sampaolo canta l’importanza di non prendersi troppo sul serio, per non rischiare di perdersi il meglio della vita. Noi lo abbiamo raggiunto per una piacevole chiacchierata.
Benvenuto tra le nostre pagine. Inizierei chiedendoti come stai?
Direi molto bene!
Che te ne frega è il tuo ultimo singolo. Un brano riflessivo ma dalla melodia coinvolgente. Cosa ci puoi dire di più su questo brano?
È una canzone che ho scritto qualche tempo fa, forse un anno e mezzo. Credo che sia un pezzo sincero, senza fronzoli o robe “accattivanti”. Con Luca Carocci, amico e produttore, abbiamo deciso di registrarlo ed è uscito così, semplice. Ci suonano Fabio Giandon alla Batteria, Alessio Pizzotti al Piano, Carocci alle chitarre e Basso e Ramon Carballo al fischietto finale. Tutto molto semplice, mi piace dire artigianale.
Cosa invece rappresenta per te?
Beh, per me rappresenta una specie di coperta calda. Mi ci ritrovo molto, ancora adesso quando lo risento. Spesso con le canzoni ti capita di separartene, così, quando escono, sono altro da te. Che te ne frega è fuori ma la sento ancora molto dentro.
Un omaggio al legame tra padre e figlia. Immagino che ci sia una forte componente biografica in questo pezzo?
Diciamo di sì. Il pezzo è dedicato a mia figlia Sofia, una “cinquenne” che ha pensato bene di nascere appena sei mesi prima dell’apocalisse recente che ci si sta snocciolando addosso: Covid, Ucraina, Gaza, inflazione, Salvini e Meloni, Trump ecc. Come padre, volevo scrivere qualcosa che, magari, la rassicurasse. Ma poi, come spesso accade, ti guardi da fuori e scopri che stai parlando anche al te stesso bambino, che ancora oggi ha bisogno di essere rassicurato e di vedere le cose da prospettive più umane, senza lasciare che ti opprimano.
Cosa speri che sia emerso dal brano e cosa pensi sia arrivato al pubblico?
Spero che sia emersa la sua semplicità, il fatto che poi la verità vera sta lì dove eviti di fare castelli, di montare strutture o preoccuparti troppo. Insieme a quella poi abitano felicità e gusto, e che la vita in fin dei conti è proprio bella. Al pubblico spero sia arrivato questo, ma anche molto altro, come tutte le emozioni che ci hanno voluto ritrovare.
Questo brano per forza evocativa e immaginario, ricorda molto Father and Son del leggendario Cat Stevens. La canzone è stata un’ispirazione per te?
Amo molto Cat Stevens ma Father and Son non è stata un’ispirazione a dire la verità. Diciamo che l’ho associata, anche se solo in maniera elettiva, dopo che l’avevo scritta. Mi piace pensare però che, forse, ci ha mosso lo stesso sentimento quando abbiamo scritto queste canzoni. Chissà, magari la sente e facciamo un disco insieme.
Cosa dobbiamo aspettarci da te per questo 2025?
Molte cose spero, altri brani già pronti ed altri ancora in arrivo, poi magari un disco a chiuderli tutti dentro. Con Luca e gli altri/e compagni/e di viaggio adottiamo però il metodo artigianale, per cui, ogni cosa a suo tempo, ogni cosa ha il suo tempo. Stiamo a vedere.