“Zitti e buoni” vince Sanremo davanti a Fedez-Michielin. Solo terzo Ermal Meta
Maneskin, sono loro i vincitori del Festival di Sanremo 2021. Un successo assolutamente inaspettato, che sovverte tutti i pronostici della vigilia. Dopo una classifica sempre dominata da Ermal Meta, tallonato da Annalisa, sembrava ormai scontata la vittoria del timido cantautore albanese. Incredibilmente invece il lupo, come lo chiamano i suoi fans, non è andato oltre il terzo posto finale. Superato persino dalla coppia Fedez-Michielin che sembrava ormai fuori dai giochi. Il potere del televoto (e dei social) li ha portati però alla seconda posizione.
Altro che la dolcissima Un milione di cose da dirti: a Sanremo 2021 vince l’eccesso del rock più puro. Il punk vero. Quello orgogliosamente urlato (anche troppo se non si sta attenti al volume della televisione) e ribadito nel ritornello “Siamo fuori di testa, ma diversi da loro”.
Con “Zitti e buoni” i Maneskin hanno scritto un vero e proprio manifesto del loro spirito musicale.
Quello che permette di guardare il mondo a testa alta senza preoccuparsi dei pregiudizi altrui, senza paura di affrontare strade in salita. E anche il loro stesso trionfo è maturato proprio come dice la loro canzone: zitti e buoni, senza fare proclami, ma lasciando parlare solo la musica. Come avevano fatto nella terza serata sconvolgendo l’Ariston con una interpretazione leggendaria insieme a Manuel Agnelli.
Non è la prima volta negli ultimi anni che arriva una vittoria a sorpresa: Renga nel 2014, Michielin nel 2016, Mannoia nel 2017, Ultimo nel 2019, Gabbani nel 2020 sono tanti quelli entrati Papa e usciti Cardinali dalla finale dell’Ariston.
I Maneskin vincono al termine di una lunghissima serata che finisce alle 2.30 della notte dopo tanti ospiti preziosi (la Banda della Marina Militare; Gaudiano; Serena Rossi; Ornella Vanoni; Francesco Gabbani; Giovanna Botteri; Alberto Tomba; Federica Pellegrini; Umberto Tozzi; Paolo Vallesi; Michele Zarrillo; Riccardo Fogli). Certo, guardi le foto della composta premiazione dei Pooh nel 1990 e quelle della vittoria dei Maneskin, e ti accorgi che sono cambiate tante cose a Sanremo. Una svolta epocale, dove il Caos vince sull’equilibrio: sintesi del Paese nel 2021.
Doveva essere il primo Festival dopo il Covid, almeno secondo le previsioni di Amadeus e di tutti ad aprile 2020. Ci ritroviamo, con una certa angoscia, a sperare che non si tratti del “primo Festival durante il Covid”, ma solamente dell’unico.
Tantissime le canzoni di questa edizione che si rivelano fotografie dell’epoca in cui viviamo.
A cominciare da Ghemon che con Momento perfetto ha lanciato un grido di positività (quella vera, della felicità) con la voglia di vivere finalmente il proprio momento nel mondo.
Ascoltando Irama e ci si aspettava sempre che sulla melodia e gli echi di La genesi del tuo colore arrivasse prima o poi Giorgio Vanni a cantare una sigla di supereroi di cartoni animati. Le parole sono un attuale ed esplicito invito a proseguire oltre i dolori per tuffarsi nella musica, senza vergognarsi delle lacrime versate.
Al sentimento cantato da Renga in Quando trovo te si unisce anche la solitudine di una città che ha cambiato prospettiva sulla speranza.
Colapesce e DiMartino hanno raccontato tutto, o quasi, nel titolo della loro Musica Leggerissima. Parlare di depressione e solitudine senza mai citarla non è facile, loro ci sono riusciti benissimo con la magia della canzone, sempre in grado di distrarci. In fondo è questo il senso di Sanremo 2021.
Hanno affrontato tante tematiche di oggi Lo Stato Sociale, con la loro consueta ironia, Max Gazzè e Willie Peyote. Il farmacista è una satira contro l’Italia dei troppi politici diventati “medici” recentemente. Mai dire mai cita persino “le brutte intenzioni” di morganiana memoria e tanti altri vizi del “paese di musichette mentre fuori c’è la morte”.
Noemi in Glicine ha raccontato la rinascita da un momento oscuro grazie a una forza interiore.
Non è mancato l’amore, perchè niente più di questo ci aiuterà a uscire dalle difficoltà. Non ne hanno parlato solo Ermal Meta, Annalisa, Arisa e la tradizione romantica di Orietta Berti: anche i più giovani sanno raccontare sentimenti.
Lo hanno fatto La Rappresentante di Lista, Coma_Cose, Madame, Fasma.
Lo ha cantato Fulminacci, sebbene con una certa sindrome di Peter Pan forse presa in prestito da Gio Evan: del suo testo rischia di rimanere solo la voglia di “diventare deficiente e farsi male”, eppure la canzone ha un senso.
E lo ha ribadito Gaia, arrivata troppo tardi rispetto agli anni in cui il vincitore di Amici si giocava il trionfo a Sanremo. La sua Cuore amaro sarà comunque una canzone che resterà, non solo per la melodia stile Elisa, ma anche per il testo che ripercorre la sua consapevolezza di errori fatti e la voglia di vivere la propria vita con trasparenza. Più o meno come fa Bugo nella sua melodia orecchiabile e sognante.
E’ stato il Festival della musica ballabile e divertente, quella in cui è inutile cercare la Critica della Ragion Pura perché va goduta per quella che è.
Tanta varietà musicale. Dal rock puro e coinvolgente dei Maneskin al folklore degli Extraliscio su straordinari assoli di tromba: c’era bisogno anche di questo per respirare un po’ di normalità.
Tanti talenti, anche se di qualcuno ne avremmo fatto volentieri a meno: interpreteremo le urla e le stonature di Random e Aiello come materiale per i social più che come innovazione.
I Maneskin vincono il Festival che doveva vedere protagonisti Francesca Michielin e Fedez, che invece si erano attardati in classifica. Nella finale, per la prima volta, lo cantano precisamente all’unisono e senza essere legati dal consueto filo colorato delle scorse sere, che simboleggiava una vicinanza nella distanza imposta. Quella che poi si è andata completamente a fare benedire durante la premiazione.
L’influencer, finalmente rilassato e forte della sua canzone dal ritornello suggestivo, a fine esibizione si fa quindi interprete del pensiero di molti, rivolgendosi al conduttore:
Grazie Amadeus, è stato importante per tutti.
E’ proprio così: il Festival che qualcuno voleva boicottare, non solo non ha fatto male a nessuno, ma è stato salutare. Il direttore artistico ha dichiarato che non ci sarà nel Festival 2022, e questo dispiace a tutti. La sua missione è perfettamente riuscita: ha riportato un clima di serenità che mancava da un anno in televisione. Lo sappiamo, è stata un’illusione, ma ce n’era bisogno: da domani i titoli delle prime pagine torneranno a raccontare solo i cambiamenti cromatici di un’Italia che spera di ripartire veramente.
Avevamo necessità di spensieratezza e Amadeus ci ha regalato la possibilità di viverla. Con belle canzoni, tanto divertimento e immenso coraggio. Per svecchiare definitivamente Sanremo ci voleva la grinta di portare in gara cantanti giovani, andando oltre i soliti nomi. Ci voleva qualcuno che puntasse su di loro senza bisogno dell’usato sicuro. Nessuno aveva avuto finora completamente questa tenacia.
Certo qualche scelta impopolare l’ha fatta, e forse qualcuna non la rifarebbe nemmeno lui, ma ha sempre ammesso anche gli errori. E pazienza per gli ospiti che hanno rifiutato l’invito: l’occasione l’hanno persa loro. Ama ha vinto su tutti i fronti: professionale, ironico, mai fuori dalle righe, familiare.
Mancherà al Festival. Un pensiero va anche a Giovanna Civitillo: la donna che vive ogni giorno l’insonnia del marito mai stanco di ascoltare la musica, nemmeno a notte fonda. Ma a che ora dormirà il conduttore?
Durante la finale fa commuovere il suo più grande amico, Fiorello, a cui consegna il Premio Città di Sanremo.
Rosario è più di un ospite, e anche più di co-conduttore. Un vero mattatore piuttosto: quando arriva il suo momento, tutto il resto si ferma, ed è così che deve essere. Nessuno sa fare spettacolo come lui: presentatore, comico, cantante, ballerino, protagonista, spalla. Sa fare tutto e lo fa benissimo, rendendo più forte chiunque sia al suo fianco.
Doveva essere il Sanremo della rinascita, ed è stato il Festival che ci ha riportati alla voglia di ballare, di vivere la musica a tutto tondo. Senza pensare ad altro. Il Festival più difficile della storia, quello senza pubblico in sala. Quello che per la prima volta si è finalmente davvero disinteressato dello share.
La vittoria dei Maneskin rappresenta il secondo successo del rock a Sanremo: la prima volta era stata 28 anni fa con Enrico Ruggeri (Mistero).
Al confronto, però, la canzone di Ruggeri era una melodia romantica. Questa volta si è arrivati a un punk molto più deciso. Segnale di un cambio di passo: piaccia oppure no, un altro bersaglio centrato per Amadeus che voleva un Festival diverso. E i Maneskin, di diversità, ne urlano tanta.
Ecco la classifica completa e i premi del 71esimo Festival di Sanremo:
- MANESKIN, ZITTI E BUONI
- FRANCESCA MICHIELIN-FEDEZ, CHIAMAMI PER NOME
- ERMAL META, UN MILIONE DI COSE DA DIRTI
- Colapesce-DiMartino
- Irama
- Willie Peyote
- Annalisa
- Madame
- Orietta Berti
- Arisa
- La Rappresentante di Lista
- Extraliscio feat Davide Toffolo
- Lo Stato Sociale
- Noemi
- Malika Ayane
- Fulminacci
- Max Gazzè
- Fasma
- Gaia
- Coma_Cose
- Ghemon
- Francesco Renga
- Gio Evan
- Bugo
- Aiello
- Random
Premio della Critica Mia Martini: Willie Peyote, Mai dire mai (la locura)
Premio Lucio Dalla Sala Stampa: Colapesce-DiMartino, Musica leggerissima
Premio Sergio Bardotti (Miglior testo): Madame, Voce
Premio Giancarlo Bigazzi (Miglior composizione musicale): Ermal Meta, Un milione di cose da dirti