Cronaca della quarta serata, la sala stampa premia Colapesce e Di Martino. Ermal verso la vittoria finale
Quarta serata del Festival di Sanremo 2021. La prima in cui si ascoltano tutte le 26 canzoni in gara nello stesso appuntamento: i brani iniziano a entrare nelle orecchie, e al termine della serata si capirà molto (forse tutto) circa i veri favoriti di questa 71esima edizione. E’ quella della finale delle Nuove Proposte, e si parte proprio con loro. Con tante canzoni da ascoltare, i ritmi devono necessariamente essere serrati. Per certi versi anche troppo: i giovani meriterebbero una vetrina migliore, ma soprattutto una premiazione meno affrettata.
A vincere è il più convincente di tutti: Gaudiano. Dedica il successo di Polvere da sparo a suo padre, scomparso due anni fa. Il Premio Critica Mia Martini è di Wrongonyou (Lezioni di volo), che si classifica però solo quarto. Il Premio Lucio Dalla Sala Stampa è di Davide Shorty (Regina). Di tutti loro, come del terzo classificato, Folcast, potremmo davvero sentire parlare in futuro.
Alle 21.34 la quarta serata entra nel vivo. Si inizia con i Big. Per molti le velleità di vittoria sono già esaurite, ma ora potremo capire realmente di che pasta sono fatte tutte le canzoni.
Vota la sala stampa, che se la deve vedere con le tante stonature di questa edizione e la durata di una serata decisamente troppo lunga.
Apre Annalisa che, per la prima volta in questo Festival, non mostra le gambe nel suo elegante vestito ed è un po’ più incerta vocalmente. Ciò non impedisce di apprezzarne il bel brano, in cui lei chiaramente crede moltissimo. Difficilmente non salirà sul podio.
Per Aiello l’eleganza non è importante, ma nemmeno l’intonazione. Si presenta con le ennesime piume nero ormai inflazionate in questo Festival. Urla e si mangia le parole costringendo ancora a leggere il testo per capire cosa dica. Mah.
La quarta serata fa amare sempre di più tutte le canzoni e la varietà di generi proposta. Rock puro e sempre più convincente quello dei Maneskin; Noemi entra nella pelle con la sua voce graffiante. Orietta Berti sembra un disco, concentratissima e gentilissima: è l’unica che ringrazia sempre tutti sorridendo.
Entra Ibra. Solito siparietto scontato dove il calciatore ribadisce quel ruolo di antipatico nei confronti di Amadeus. Si è (gli hanno?) appiccicato questa etichetta, che gli riesce benissimo, ma rispetto all’originale rimangono più divertenti i meme che gli dedicano i social.
Si torna alla gara. Colapesce e DiMartino sono tante cose: un po’ Matia Bazar e un po’ Se mi lasci non vale.
Si muovono con la padronanza del palco dei Righeira. Sono accompagnati da una pattinatrice dietro di loro, quasi come “la vecchia che balla” resa celebre da Lo Stato Sociale tre anni fa. Rappresentano un po’ tutto quello che c’è stato nel passato, e che ha funzionato. Per questo il loro blob musicale funziona e ci accompagnerà fino all’estate.
Il ritmo frizzante di Max Gazzè è sempre lo stesso da tanti anni, eppure non smette di farci battere il piede mentre ascoltiamo Il farmacista, che lui canta da seduto vestito da Salvatore Dalì.
La quarta serata racconta la ritmicità elegante di Willie Peyote e la facilità con cui Malika Ayane esprime la sua estensione vocale.
Che si unisce alla sua capacità di fare lei stessa la coreografia del suo pezzo con ampi movimenti di braccia. Serve anche questo a rendere più bella la sua esibizione: del resto, siamo figli della televisione e delle sue pubblicità, tanto che ti aspetti da un momento che la stessa Malika sorridendo sponsorizzi uno spazzolino lanciando un acuto “Non dire niente che non sia wow!”.
Dell’apparenza e del folklore scenografico ne sa ovviamente tanto Achille Lauro, più che mai trasgressivo in un medley dei suoi brani sanremesi delle ultime edizioni. Bravo, forse eccessivi i complimenti di Amadeus. Non si starà dando troppa importanza a questo ragazzo fintamente originale che imita David Bowie?
La Rappresentante di Lista e Madame si ritrovano quasi per caso tra i Big, e questo forse non giova in un Festival molto colorato che richiede tanta originalità per farsi notare. I loro brani rischiano di passare nell’anonimato in questa gara. In effetti quest’anno in molti hanno puntato sulla canzone divertente, seguendo l’esempio de Lo Stato Sociale che, ora, sembrano meno innovativi. Pure gli Extraliscio si inseriscono in quel filone di happy music: simbolo di un’Italia che ha bisogno di spensieratezza.
Anche per questo non urta lo show semi-trash di Fiorello e Amadeus che con due parrucche da donna cantano il famoso successo di Sabrina Salerno e Jo Squillo. Certo potendo scegliere un brano di quell’edizione che compie 30 anni esatti, forse sarebbe stato preferibile virare su quelli di Cocciante o Renato Zero. Siamo donne, però, è ancora oggi molto più attuale di quel che non si potesse pensare nel 1991.
Si era parlato di Celentano tra gli ospiti di questa edizione, e ci ritroviamo Mahmood. Il suo medley conferma che si può avere una grande voce ma ci vuole prima di tutto un repertorio prima di essere superospiti a Sanremo.
Arisa è sempre una delle note più apprezzabili per l’eleganza e la naturalezza con cui trasporta dalla strofa all’inciso senza accorgersene crescendo via via di intensità. Fasma e Coma_Cose sono, tra i più giovani, i più convincenti: le loro interpretazioni di Parlami e Fiamme negli occhi meriterebbero un premio.
Con Barbara Palombelli ci sono serietà e professionalità, ma a mezzanotte si rischia l’abbiocco. Ci racconta i suoi Festival preferiti del passato con riferimenti alla cronaca di oggi, perché le canzoni di Sanremo continuano a raccontarci la nostra storia. Accenna movimenti con la gamba a ogni brano, ma lo fa con la stessa rigidità di Marina Massironi quando interpretava la presentatrice del circo bulgaro di Aldo, Giovanni e Giacomo.
La quarta serata vede finalmente un’interpretazione più concentrata e meno emotiva di Fedez, che punterà tutto sul televoto della finale per recuperare le posizioni perse in questi giorni. Chi potrebbe tutto sommato essere favorito dalla situazione è Irama, di cui andando in onda sempre la stessa esibizione delle prove non conosceremo mai in questi giorni alcuna imprecisione vocale.
Dopo l’ospitata di Alessandra Amoroso, inspiegabilmente mai in gara, che canta prima con Emma e poi da sola, si arriva al rush finale, che per un gioco del destino sembra una gara tra completi opposti.
Ghemon (la nuova musica) si contrappone a Renga (il tradizionale, quasi fin troppo per quanto non cambia mai la pur sempre bella canzone). Gio Evan (il più stonato) a Ermal Meta (il migliore).
All’1.30 mancano ancora quattro cantanti. Per loro, a livello televisivo, è come non esserci in questa serata: in molti non li sentiranno.
Bugo (la canzone è una delle più orecchiabili, e lui è giustamente entusiasta nel cantarla, ma purtroppo non propriamente perfetto) canta prima di Fulminacci, altro bravo cantautore che fatica però a prendere le note giuste.
Infine Gaia (sicura e melodica), Random (completamente fuori fase).
A vincere la serata con i voti della sala stampa sono Colapesce e Di Martino davanti ai Maneskin. La top ten della classifica generale diventa questa:
- Ermal Meta
- Willie Peyote
- Arisa
- Annalisa
- Maneskin
- Irama
- La Rappresentante di lista
- Colapesce e Di Martino
- Malika Ayane
- Noemi
Fedez-Michielin (diciassettesimi) sembrano ormai fuori dai giochi. Difficile avere sorprese nella serata finale: Ermal Meta vincerà il suo secondo Festival. Il double non capita da 19 anni: furono i Matia Bazar gli ultimi a vincere nel 2002, ventiquattro anni dopo il primo successo.