Nessuna sorpresa: il televoto premia Mahmood e Blanco. Ancora una volta niente vittoria per le donne
Mahmood e Blanco vincono Sanremo 2022. C’erano dubbi? Il successo era nell’aria già dalla prima sera, andando a crescere nei consensi che li hanno visti quasi sempre primi in classifica. Brividi è una bella canzone (sebbene un po’ lagnosa, va ammesso senza paura) composta apposta per dare risalto alle voci dei due giovani artisti. Racconta la paura di essere inadeguati ad amare. Quella che attanaglia tante persone e non consente di lasciarsi andare ai sentimenti. Una condizione di solitudine che i lockdown non hanno certamente aiutato a risolvere.
Così Mahmood e Blanco trionfano come previsto. Forse fin troppo, al punto che se il Festival fosse durato un giorno in più rischiavano pure di perderlo per eccesso di presunzione.
È il secondo Festival vinto da Mahmood. L’ultima volta che accadde un bis fu nel 2002, con i Matia Bazar (in una formazione rinnovata rispetto a quella di E dirsi ciao).
E ora attenzione alle statistiche, perché Mahmood sale a due successi in quattro anni, e ne ha solo 29. Quel record considerato ormai inarrivabile di Villa e Modugno (4 trionfi) potrebbe non essere più così impossibile. Per quanto ancora lontano. Peccato aver perso l’occasione di mandare all’Eurovision di Torino una donna come Elisa (seconda), icona della nostra musica all’estero. O un’icona come Morandi, classificatosi terzo (il più anziano nella storia del podio di Sanremo). Vince il televoto, che premia la somma dei followers di due beniamini dei giovani. Le donne non vincono dal 2014. In un Paese che parla tanto di femminilità, c’è da riflettere.
Ma torniamo alla finale di Sanremo 2022 e alla vittoria di Mahmood e Blanco. Vediamo cosa è accaduto.
Tutto inizia con la banda della Finanza che suona l’inno di Mameli, mentre il pubblico ascolta in piedi. Pronti, via subito con la gara. La canzone di Matteo Romano inizia a entrare nelle orecchie ed emoziona la timida compostezza di questo ragazzino, sempre elegante e nato artisticamente con Tik Tok. Giusy Ferreri ormai ride lei stessa del suo megafono, che doveva sottolineare l’atmosfera retrò. E invece è diventata una parodia. Rkomi, dopo avere coinvolto la platea con l’entusiasmo di un animatore in pensione, dice tutto in una dichiarazione finale. “Io so di non prendere tutte le note”. Ah, ok. Scusa se sei a Sanremo.
Entra la Ferilli e si accende la serata con la sua verve tutta romana. Iva Zanicchi è perfetta, non sbaglia una nota e fa en plein: quattro standing ovation su quattro.
Aka 7Even conferma di rappresentare la sintesi del pop contemporaneo, ma in questo Festival è difficile farsi notare tra tanti. Ranieri è poetico nella sua romanza al punto di guadagnarsi l’applauso prima che finisca di cantare. Abbraccia Adriano Pennino, a dimostrazione del fatto che l’orchestra é fondamentale per i brani fatti di musica vera. Noemi, vestita in un domopack, è precisa e graffiante come sempre. Meno preciso (ma sempre intenso) Moro, che questa volta aveva anche una canzone meno forte. Dargen D’Amico se la prende col governo che non aiuta le piccole realtà indipendenti: “Dobbiamo trovare un’alternativa ed eccoci qui”. Poi fa danzare tutti dotati di occhiali da sole: “Fottitene e balla” urla nel ritornello. Epico, comico: è la rivelazione. Forse il tormentone dell’intero 2022 é questo.
Poi tocca alla Ferilli, che in modo elegantemente femminile ribadisce in soldoni il concetto del “ciascuno faccia il suo mestiere”. Non vuole parlare di problemi, che devono essere ad appannaggio di chi è pagato per occuparsene in prima linea. Quindi fa un selfie con Josè, il figlio di Amadeus che per primo ha suggerito il nome dell’attrice al padre. In un clima completamente amichevole, quasi ci si scorda che è la finale di Sanremo. Mahmood, Elisa e Morandi, dietro le quinte ancora per cantare, se lo ricordano bene.
Si riparte proprio con Elisa. Melodica, concentrata, eterea, impeccabile ed elegantissima, in bianco come sempre. Ecco, Sanremo dovrebbe sempre avere cantanti in gara come lei. Importanti e sempre rispettosi di tutto ciò che fanno e del loro pubblico. La sua canzone è di una dolcezza pura.
Irama è strepitoso sin dalla sua prima partecipazione tra i Big di tre anni fa, eppure ha fatto un salto di maturità straordinario in tutto questo tempo. Ormai è una certezza della nostra musica, non della moda: indossare catene o centritavola potrebbe tornare utile solo se volesse fare il testimonial di Kasanova.
Gli abbigliamenti non fanno la musica, però.
Vale anche per Michele Bravi, per una settimana vestito da supereroe dei fumetti eppure sempre emozionante da impazzire, con una voce rotta dalla commozione. La Rappresentante di Lista divertono e ormai il pubblico non conosce solo le parole ma anche i gesti della loro Ciao Ciao. La balleremo persino in spiaggia tra qualche mese. A canzone finita si permettono un bis del brano, ai limiti del regolamento.
L’eleganza torna a farla padrona con Emma, vestita in pizzo nero e con un capello a caschetto biondo. Lo slogan “Siamo sante o puttane” sarà un manifesto del femminismo. Forse non tutti se ne sono accorti, ma nella sua Ogni volta è così c’è tutto: rap, pop, melodia. Anche lei, come tanti, scende dal palcoscenico verso il pubblico. Si è intuita, in questa edizione, una voglia smodata di abbracci, di vicinanza. Dopo due anni di silenzi, la musica dal vivo è finalmente tornata.
E’ la volta di Mahmood e Blanco, che entrano già convinti di vincere e acclamatissimi dal pubblico.
Hanno anche due inutili biciclette bianche a completare la scenografia: la serata delle cover, che permette performance diverse, c’è però già stata. Mah.
Highsnob e Hu sono davvero bravi, anche se ancora resta incomprensibile come siano tra i Big. La melodia del loro ritornello stride con il loro look tutt’altro che tenero. L’abbraccio finale significa molto.
Da Marco Mengoni ospite ci si attenderebbe prima di tutto una canzone. Invece L’Essenziale è anticipata da un monologo sorprendente che inizia comicamente per farsi serio sull’eccessiva possibilità di scrittura dei cosiddetti “haters” di Internet. Con lui il giovanissimo Filippo Scotti.
Poi tocca a Sangiovanni, che approfittando di questo clima di festa dove tutti interagiscono e scherzano col conduttore, mette una sciarpa del Milan al collo di Amadeus. Resta il suo gesto sanremese più significativo: Farfalle è molto radiofonica e arriverà. Ma la voce dov’è? Eppure arriverà quinto.
Gianni Morandi è travolgente, un divo non divo tornato in gara dopo 21 anni e dopo avere persino presentato e diretto per due edizioni il Festival. Gli piace mettersi in gioco da sempre e anche nella sua canzone lo ripete: “Gioca tutte le carte, fai entrare il sole”. Sempre ottimista Gianni. Fa bene al cuore vedere (e ascoltare) artisti come lui.
Il caso (o forse no) vuole che proprio dopo di lui ci sia l’omaggio del palcoscenico a Lucio Dalla, che proprio all’Ariston fece la sua ultima apparizione nel 2012 poco prima di andarsene. Poi si sdrammatizza con Amadeus che propone: “Riprendiamo con la gara?”. Risponde la Ferilli: “Siamo qua per questo, tutto sto ambaradan…”.
Quando attacca a cantare Ditonellapiaga il pubblico già batte le mani a ritmo. Con Rettore la platea si infiamma completamente. La loro Chimica piace ed entusiasma tutti a suon di rock.
Sul vestito di Yuman dice già tutto la Ferilli a mezzanotte passata: “Vista l’ora ti sei già messo il pigiama?”. In realtà ha un abbigliamento che ben si adatta al gospel che canta con grande talento. Speriamo non si smetta subito di parlare di lui.
Cantanti gospel più che mai scatenate anche con Achille Lauro. La sua Come fosse domenica è praticamente un copia e incolla di Rolls Royce, ma furbamente strizza l’occhio ai programmi del weekend per diventarne colonna sonora. Non a caso invita a ballare con lui la “zia Mara”. Questa volta non si battezza, ma di rosa vestito si beve un cocktail.
A mezzanotte e un quarto l’attesissimo tributo a Raffaella Carrà, che condusse il Festival nel 2001.
Alcune tra le sue più famose canzoni interpretate da uno straordinario corpo di ballo che riecheggia i movimenti inventati proprio da lei. Di solito ci si divertiva molto con le sue canzoni, questa volta ci si commuove enormemente. Soprattutto quando in una poetica immagine la ballerina che la interpreta (rigorosamente di spalle) lascia il palcoscenico con una valigia in mano e tutto il corpo di ballo applaude. Pugno nello stomaco: quanto ci manca Raffaella!
Al rientro dalla pubblicità si riprende ballando. Lo si fa in con Ana Mena e la sua Duecentomila ore. Fresca, elegantissima e raffinata in abito rosso da sera, fa danzare il pubblico a ritmo di fisarmonica. Ha anche un privilegio non da poco: inneggia all’Italia e pronuncia perfettamente la parola “notte”, senza farla diventare “noche”.
Si continua a ballare, nonostante l’orario, con Tananai e il suo Sesso occasionale. Forte nel ritornello stile anni ‘90, meno interessante nelle strofe. Azzarda un “Ci vediamo all’Eurovision” che Amadeus non nota. Probabile prenderà un biglietto per essere in platea a Torino, non c’è altra spiegazione.
Giovanni Truppi si esibisce dopo un siparietto con Amadeus che gli domanda delle sue canottiere ormai celebri. Quando inizia il suo pezzo si sente un autentico e originale cantautorato. Tra qualche anno potremmo chiederci come mai artisti come lui non vadano mai a Sanremo se non per il Premio Tenco. Allora sì che rimpiangeremo di non avergli concesso più spazio in questo periodo: Truppi merita molto.
La gara termina con Le Vibrazioni, mai in evidenza in questa edizione.
Eppure la loro canzone è un bel rock che sa essere sempre romantico. Amadeus li presenta dalla galleria. Ovazione per Vessicchio. La Ferilli intanto è sparita: la si è sentita solo qualche minuto prima dire da dietro le quinte ai tecnici “Nun ce sto io!”. Poco male, Amadeus è stato formidabile da solo in questa edizione. Altroché “senza Fiorello non sa fare lo show”. Il signor Sebastiani dirige da tre anni il Festival, ha creato un’edizione più bella dell’altra portando veri Big in gara e sapendo scommettere su tanti giovani. Quest’anno, rinvigorito anche dai dati Auditel, ha saputo divertirsi anche di più, giocando col pubblico e con i cantanti. E ora? E ora non ci sono scuse, vogliamo il quarto Sanremo di Amadeus. Perché quello del 2022, più di ogni altra edizione degli ultimi 20 anni, è il Festival delle grandi canzoni.
Vediamo i premi finali, che hanno sempre un po’ il profumo di quelli di consolazione della Lotteria Italia. A Ranieri il Mia Martini, a Elisa il Bigazzi per la composizione, a Moro il Premio Bardotti per il miglior testo, a Morandi quello della Sala Stampa Lucio Dalla. Dimenticata Iva Zanicchi: questo francamente fa male. Ma lei avrà modo di rifarsi. Viva Sanremo!