Silvano Pasini racconta la sua esperienza da Direttore d’Orchestra
Dalla sinfonica al folk, passando per il pop, sempre con un rapporto diverso, ma con la medesima emozione. Per Silvano Pasini, Direttore principale dell’Orchestra Sinfonica di Asti, non c’è differenza: la musica è sempre musica.
Diplomato in violino nel 1989 al Conservatorio Statale A.Vivaldi di Alessandria, spazia tra le più importanti Filarmoniche italiane, il Pavarotti & Friends, il Festival di Castrocaro e collaborazioni con interpreti del calibro di Battiato, Bocelli, Zero, Sting, Joe Cocker, Bono, Mariah Carey e tanti altri. Nel 2004 diventa Direttore d’Orchestra e prende parte persino a tournée negli Stati Uniti e in Giappone.
Silvano Pasini si muove con disinvoltura tra un genere e l’altro lasciandosi trasportare unicamente dalle sensazioni: ogni volta la musica, qualunque essa sia, sa descrivere lo stato d’animo del momento.
Tra collaborazioni e tournèe internazionali, non dimentica quando suonò per l’Orchestra di Franco Bagutti in occasione dei 30 anni di carriera del Maestro: “Fu una grande festa allo Studio Zeta. Qualcosa di diverso da tutto ciò a cui avevo preso parte fino a quel momento. Amo quella musica considerata da molti, erroneamente, come troppo leggera”.
Silvano Pasini è quindi l’ospite di questa nuova puntata di “Musica Maestro”.
Silvano, quando cominciasti la tua avventura nel mondo della musica avevi già ben chiara l’idea di diventare Direttore d’Orchestra?
Assolutamente no: nel mio percorso di studi pensavo solo a diplomarmi in violino. Dopo tantissime e svariate esperienze in giro per l’Italia, e non solo, e mi scattò la “molla”. Così nel 2004 mi resi conto che stare seduto nell’orchestra era diventato un lavoro di routine, cosa che la musica non può permettersi di fare, perché deve sempre vivere di emozioni nuove e dinamiche.
E, a giudicare dal tuo curriculum così vario, sei riuscito a concretizzare alla grande questa poliedricità.
Mi piace sperimentare la musica in tutte le sue sfumature: dall’Orchestra Sinfonica a quella per la tv. In tutti i casi ci vogliono sempre l’istinto e, naturalmente, uno studio. Il primo è quello che conta di più: la tecnica, tutto sommato, la si impara in una settimana, che è davvero pochissimo rispetto a tutti gli altri strumenti. Eppure anche l’uso della bacchetta, forse incredibilmente per qualcuno, richiede uno studio. Feci quindi corsi specifici, anche per capire se fossi portato: il primo, con il Maestro Ferrara, si chiamava proprio “corso di avviamento alla direzione d’orchestra”.
Tra tanti codici universali, ciascuno porta la propria personalità. Qual è il gesto che contraddistingue maggiormente la direzione orchestrale di Silvano Pasini?
A questo forse saprebbero rispondere meglio i musicisti che hanno lavorato con me: ci si esprime in tanti modi e, sicuramente, qualche gesto viene recepito in modo particolare da alcuni piuttosto che da altri. Posso dire che mi piace parlare più con il linguaggio che con i gesti, attraverso suggerimenti e confronti.
Credo che il vero direttore si veda alle prove più che in concerto.
E’ lì che si vedono le sue peculiarità, da come plasma l’orchestra. È come se il direttore avesse tra le mani ogni strumento e possa decidere di fare suonare loro ciò che sente dentro di lui.
Possiamo dire che, durante lo spettacolo, il Direttore sia un po’ come l’allenatore in panchina che funge da punto di riferimento dopo avere fatto il grosso del lavoro con la squadra in settimana?
Hai centrato il paragone giusto! Durante il concerto il direttore fa parte dello spettacolo, trasmettendo il carisma: qualcosa che non si può spiegare. Si crea un feeling, un tutt’uno con i singoli musicisti. Alcuni direttori non hanno necessità nemmeno di muovere le braccia durante i concerti: si fermano completamente. Basta lo sguardo per farsi capire e ribadire quanto detto nelle prove.
Come per ogni spettacolo, anche il look ha la sua importanza scenografica e non è mai casuale. Tu come preferisci presentarti?
Mi piace molto il frak come abito. Ma non è una “regola”, l’abbigliamento si deve sempre adeguare al programma musicale. anni fa tenni un concerto in piazza con i New Trolls e indossavo un completo tutto bianco. Quest’estate sarò nel salernitano con uno spettacolo di musiche di Morricone, tutte trascritte da me (perché le sue musiche non si trovano): lì non avrò il frak, anche perché farà molto caldo! Il look, comunque, ha una rilevanza davvero solo scenografica: il mio primo pensiero è, ovviamente, sempre e solo fare colpo con la musica.
Dirigere orchestre con musicisti provenienti da diversi Paesi implica una conoscenza linguistica poliglotta o bastano le sette note per capirsi?
La musica ha davvero un linguaggio universale: se non fosse così, chi come me non conosce 12 lingue sarebbe rovinato. Ci si capisce sempre con l’inglese, che serve per conoscerci ed entrare in sintonia. Trovo sia fondamentale instaurare un certo rapporto: so cosa voglia dire stare seduto 6 ore al giorno per una prova, con pensieri e preoccupazioni personali che talvolta ti affliggono quotidianamente.
Portando la tua esperienza sul palcoscenico, hai mai avvertito una contaminazione della musica sinfonica con quella pop?
Assolutamente sì. La musica è tutta un mistero, ma le note sono sempre sette: nell’opera lirica porto l’esperienza di Bagutti, Battiato o Grignani, ma succede ovviamente ancor più al contrario. A me non piace essere troppo “inscatolato”: odio la filologia per cui “Mozart si suona così”. Oggi siamo nel 2021, e amo interpretarlo come lo sento io oggi. È anche l’unico modo per non fare mai tramontare la sua musica.