Simone Romano: ogni “Dante” ha la sua Beatrice, una storia d’amore platonico che ha un inizio ma non ha una fine
Siamo stati tutti “Dante” almeno una volta nella vita e Simone Romano, giovane cantautore siciliano lo ha voluto sottolineare come si fa nei libri di scuola. In questo caso la quotidianità e la semplicità sono le penne adatte per raccontare un amore non corrisposto a cui però si deve rispondere per andare avanti sempre col sorriso, unica via per stare bene con sé stessi e con gli altri.
Vorrei chiederti innanzitutto quando hai iniziato a fare musica?
Ho cominciato a cantare all’età di 12 anni; la mia prima insegnante di canto era musico-terapista ed io cercavo uno sfogo dato che soffrivo di psoriasi, e da qui è nata la mia passione per il canto.
È una passione ereditaria questa?
No, in famiglia sono l’unico, però i miei genitori mi hanno appoggiato totalmente in questa scelta.
Ho letto il comunicato stampa, ho visto il videoclip del nuovo singolo e mi ha incuriosito non poco. Questa canzone è nata proprio sul divano di casa?
Non proprio, diciamo che è nata dentro le mura di casa. Di solito quando sono sul letto, mi viene l’ispirazione e inizio a scrivere, cantare o suonare; oppure cerco qualche giro di accordi e lo monto su Logic. “Dante” è stata una di quelle canzoni che è uscita di getto, mi si è accesa la lampadina; l’idea del divano viene da un senso di voglia di stare al sicuro, è un brano molto malinconico ma ti lascia quel sorriso e ha bisogno di una zona di comfort per essere raccontata. È difficile esporre la propria accettazione e farsi vedere fragile.
Questo tuo singolo nasce quindi da un’esigenza personale?
Sì, la maggior parte dei miei testi sono autobiografici, scrivo anche per sfogo. Ho iniziato a cantare perché avevo bisogno di un punto di riferimento che mi facesse tranquillizzare e far sentire al sicuro.
Quale messaggio vuole trasmettere “Dante”?
La parola chiave è accettazione perché parla di friendzone ma devi saperla affrontare. Dante, tralasciando la figura del sommo poeta, è colui che ha fatto di tutto per Beatrice, la quale non l’ha mai ricambiato. Lui l’ha amata incondizionatamente e nonostante tutto. Tutti noi un po’ di più dovremmo essere come Dante; mi rivedo molto in lui fin da quando l’ho studiato a scuola. Ho letto anche un libro ispirato proprio alla sua storia però in versione social, dal titolo “Lasciate ogni speranza voi che taggate”, di Alessandro Locatelli; è una versione molto comica e attuale.
Pensi che ognuno nella propria vita abbia incontrato la Beatrice di turno?
Assolutamente sì, tutti quanti siamo stati o saremo come Dante perché non può esistere qualcuno che non abbia provato quei sentimenti.
Scrivere questo brano ti ha aiutato?
Scrivo a mente fredda, quando è tutto passato, in modo tale che il mio cervello le analizza e le comprende.
Hai paragonato “Dante” alla serie tv sulla tua vita: la divideresti in tre stagioni? Inferno, Purgatorio e Paradiso?
No, perché di base io non ho preso la Divina Commedia, non ho preso Dante come poeta. L’ho preso come una figura che rappresenta il simbolo dell’amore. Non l’ho fatto prettamente per cultura, ma è stata una scelta spontanea.
Ti ispiri a qualche artista in particolare?
Di base ho tanti riferimenti ma i primi su tutti sono tre: Lucio Dalla, colui che mi ha insegnato la storia della musica italiana, Marco Mengoni, perché nei tempi moderni è quello che mi ha regalato il piacere del bel canto e mi ha invogliato a studiarlo ancora di più, e il terzo è Ed Sheeran, che mi ha trasmesso la voglia di iniziare a suonare. Ho cominciato a suonare la chitarra guardando un video di un suo concerto, dove fa tutto con chitarra e loop station, qualcosa di spettacolare.
Avendo questi tre artisti come punti di riferimento, quindi con generi e stili differenti, tu in quale genere collochi la tua musica?
Non la colloco, sicuramente vado più su in indie-pop, è quello che mi rispecchia di più; l’indie mi è entrato proprio nell’endovena, come si può ben notare in “Dante”.
Che rapporto hai con il tuo pubblico?
Sfortunatamente non faccio tantissimi live perché ho avuto uno stop abbastanza importante nella pubblicazione delle mie canzoni. Il mio primo singolo è uscito nel 2019, nell’arco di due anni sono usciti un altro paio di tracce e poi ho deciso di fermarmi perché avevo bisogno di una progettualità più grande, di avere un repertorio più abbondante sia per me che per chi mi ascolta.
Ho letto che durante l’estate 2023 hai aperto vari concerti, in particolare quelli di Morgan, Dolcenera, Mario Venuti e lo spettacolo di Mogol. Che sensazioni hai provato?
È una sensazione particolare perché quando apri un concerto sai che le persone non sono lì per te ma per l’artista che viene dopo di te, quindi è come se inizialmente ti sentissi fuori luogo. In quel momento non sei quello che loro desiderano; il trucco è farsi ricordare, mettere tanta voglia quando sei sul palco e provare a trasmettere qualcosa che possa colpire. Se ci riesci ti dà soddisfazione.
Questi concerti non li ho aperti da solo ma insieme alla mia compagna di viaggio, Darma, un’altra giovane artista; alcune volte è capitato che a fine concerto tanta gente veniva da noi per farci i complimenti e chiederci una foto. Sono belle emozioni che ti rimangono impresse.
Prima hai citato il 2019, ci racconti l’esperienza de Il Cantagiro?
È stata un’esperienza lampo perché, non avendo la canzone pronta, ho scelto di iscrivermi l’ultimo giorno disponibile. Il giorno prima della fine delle iscrizioni mi contatta un producer al quale avevo commissionato una base e la sera stessa vado a registrare.
Quella settimana è stata devastante perché avevo anche l’esame di ammissione al conservatorio; il giorno delle semifinali ero convinto di non arrivarci, neanche in finale. Avevo l’aereo di ritorno per fare l’esame al conservatorio per poi tornare a Fiuggi per la semifinale.
Tutto ciò ovviamente non è stato possibile perché non avevo le tempistiche per farlo e all’ultimo secondo ho deciso di rimanere a Fiuggi, non sostenendo quindi l’esame al conservatorio.
Alla fine, ne è valsa la pena e si è rivelata una storia di coraggio, molto bella, in cui ho dato il tutto per tutto per fare quell’esperienza. Oltre alla vittoria sono nate tante amicizie e collaborazioni che ancora mi porto dentro.
Articolo a cura di Simone Ferri