Tommaso Primo, “Vangelo Secondo Primo” per tornare a riflettere su quello che ci circonda affrontiamo dei cambiamenti incredibili, la società stessa affronta dei cambiamenti improbabili e veloci
Tommaso Primo è un cantautore straordinario che, attraverso le sue canzoni, riesce a trasmettere emozioni e sensazioni difficili da raccontare, ma che sanno entrare dentro. Un cantautore alla vecchia maniera, capace di far pensare e ragionare anche su temi seri, toccando l’attualità e trasmettendo la sua visione. Dal 20 dicembre è infatti disponibile il suo nuovo concept album il Vangelo Secondo Primo (Triggger/ADA Music Italy). Un viaggio intimo attraverso nove brani, tra solitudine e pensieri contrastanti, tra critica sociale e sonorità pop, urban e latin. La sua visione della società, ma anche la libera interpretazione per chi ascolterà.
Ad anticipare l’album il terzo singolo estratto Fiori nel Sahara, uscito lo scorso 6 dicembre. Noi lo abbiamo raggiunto per una piacevole chiacchierata, tra Fiori nel Sahara e l’album, il Vangelo Secondo Primo.
Ciao Tommaso e benvenuto tra le pagine di Musica 361. Vorrei iniziare questa chiacchierata chiedendoti come stai?
Stiamo in una società strana, dove queste domande oggi non si fanno più. A me, ad esempio, piace chiedere alle persone se sono felici. Forse è una domanda invadente e personale, ma è importante chiederlo secondo me. Soprattutto perché oggi affrontiamo dei cambiamenti incredibili, la società stessa affronta dei cambiamenti improbabili e veloci. Comunque, oggi sono teso, non ricordo più la sensazione di stabilità o di serenità; anche perché, quando sei un artista, hai delle antenne che ti permettono di captare delle cose diverse e quindi hai una concezione molto precisa del limite della vita. In questo periodo ho quindi una serie di sensazioni che mi portano ad esplodere.
Sensazioni che ritroviamo anche nel tuo ultimo singolo Fiori nel Sahara. È da qui che nasce la necessità di un pezzo così?
È una canzone che scaturisce dalla paura. Nasce in una di quelle sere che, tartassati dalle immagini sulla guerra mostrate dalla televisione, immaginavo una famiglia che provava a fare sacrifici immensi. Vedevo quelle immagini di bambini e quelle case distrutte e ho scritto questo pezzo di getto. Questo è un brano dedicato alla paura. Ho pensato per questa canzone a questi due innamorati, che aspettano un figlio e che si abbracciano in questo deserto, che non è solo fisico ma anche interiore. Nell’era del capitalismo e del consumismo viviamo con troppa abitudine la guerra.
C’è qualcosa di autobiografico nel pezzo?
Molti dei miei amici stanno avendo figli e credo, che oggi come oggi, sia difficilissimo essere genitori, quindi empatizzo con loro. Questo è un atto di coraggio. Anche perché, se fosse per me, probabilmente si andrebbe in contro all’estinzione (ride ndr.).
La musica ha un ruolo fondamentale per raccontare l’attualità che ci circonda…
La musica in questo periodo in realtà la vedo molto depotenziata. Siamo alla ricerca di vibes per trovare colore alla vita. Penso che oggi la musica sia più una necessità per aumentare i battiti intorno a noi o un sottofondo per quello che circonda.
Però il tuo album si differenzia proprio per questo. Perché da semplice sottofondo riesci a rendere la musica uno strumento per raccontare quello che accade intorno a noi…
Appartengo alla schiera dei reietti e ringrazio tutti coloro che hanno creduto in questo progetto e in questo disco così inconsueto. Questo è un disco folle, dettato dal caos e capisco che non è facile da capire ed accettare. È un qualcosa che nasconde l’oscurità. Un disco da cantautore con un vestito latin urban e che ha trovato la sua vita nelle piazze vissute.
Ti sei fatto un’idea di quello che poteva arrivare da questo disco?
Penso che possa arrivare il messaggio che siamo tutti colpevoli. Siamo in una società che scarica le colpe, non fa mai autocritica e non guarda mai i suoi peccati. Cercare di dare questa analisi e far capire che non riusciamo a metterci nei panni degli altri è l’intento principale. Nel disco c’è un focus etico e morale, ma ci sono anche le tematiche appartenenti al mio modo di vivere e che spero di trasmettere.
Il Vangelo Secondo Primo è una contrapposizione da ciò che la chiesa fa, da quello che invece dovrebbe fare?
È un Vangelo apocrifo il mio, è un Vangelo in cui si racconta la stessa storia ma dove ci sono delle sfumature diverse e avvincenti. È come se fosse una presa di coscienza dalle visioni alternative. Ho sentito la necessità di dare il mio contributo contro le contrapposizioni delle istituzioni.
Tre sono i brani che hanno anticipato questa uscita, ma oggi c’è un altro brano che rappresenta la necessità del Vangelo Secondo Primo?
È un disco pop, quindi alcuni brani arriveranno alle persone per melodie e testi. Tuttavia, il mio preferito è Devil e credo che all’interno di quel brano io sia riuscito a fare una lunga analisi di quello che è il Diavolo oggi e di dove si possa nascondere.
Il Diavolo è una persona fisica o un concetto?
È un concetto molto più tetro di quello che si vuole immaginare. Non ci vedo la ribellione, ma ci vedo l’ipocrisia. Credo che Gesù ce l’abbia a morte con l’ipocrisia. L’ipocrisia è il grande nemico contro cui combattere.
Come sarà il 2025 di Tommaso Primo?
L’ultimo concerto l’ho fatto in Indonesia nella giungla, mi manca molto quindi il contatto con la gente. Quindi spero nel 2025 di realizzare più concerti possibili e per poter incontrare le persone, avere con loro quel contatto e quello sguardo. Ho bisogno di carnalità in questo nuovo anno.