Un viaggio alla ricerca di strade non battute, un viaggio verso le emozioni
“La fotografia mi affascina da sempre, è nata con me è dentro di me. Rappresenta la mia memoria, il modo di fissare per sempre le mie emozioni, scolpire il ricordo in attimi, luci, emozioni: la vita! Lo sguardo più profondo sul mondo che mi circonda, un mondo fatto di tanti piccoli e grandi particolari; di attimi fuggenti come un’espressione, una impercettibile smorfia sulle labbra ad annunciare un sorriso o un pianto. Ognuno è un’emozione, un sussulto dell’animo umano: cosa c’è di più leggiadro del librarsi di una ballerina, dell’intensità espressiva di un attore, del fascino ostentato di una modella avvolta nella sua propria fragrante scia?”.
L’incontro con Valerio Faccini, “romano de’ Roma” nato in casa a Piazza Barberini, non poteva che cominciare con le sue parole appassionate. Il nostro appuntamento si è rivelato un viaggio meraviglioso attraverso ricordi, immagini bellissime di spettacoli teatrali, di paesi lontani e della nostra bella Italia.
Valerio potrebbe raccontare per ore, portandoci di teatro in teatro, dietro le quinte, o sul palcoscenico mostrandoci le immagini più significative di attori indimenticabili e spettacoli meravigliosi. E’ un lavoro complicato quello del fotografo di palco, perché la luce è scarsa, le persone sono in continuo movimento e cogliere una piega della bocca, un’espressione del viso è fondamentale per una narrazione che sia rispettosa ed esaustiva.
Cos’è la fotografia per te?
Ho un concetto molto preciso della fotografia: emozioni, luci e chiari scuri. Nei miei scatti, vado a cercare la luce giusta, la composizione, il momento.
Com’è cominciata la tua passione?
Mi sono appassionato alla fotografia sul finire degli anni ottanta, quando si trattava di fotografia analogica e stampe autoprodotte rigorosamente in bianco e nero. Sono stato da sempre attratto dalla fotografia e l’idea di poter “catturare” fissare in un’immagine, l’attimo fuggente, perfetto, le emozioni.
Appassionato e con la voglia di sperimentare, andavo in giro come un pazzo a caccia di qualunque cosa attirasse la mia attenzione. Seguivo il teatro come uno spettatore qualunque, quando un giorno, mi chiamò un regista per fare delle fotografie durante uno spettacolo e mi sono detto, ci provo. Sono entrato in teatro e non ne sono più uscito.
Le mie fotografie sono piaciute e da lì ho ricevuto le prime telefonate. Tanti sacrifici e anche delusioni ma avevo scelto e ormai, era diventata una sfida con me stesso. Da quel momento ho cominciato a collaborare con i teatri di Roma: Sistina, Brancaccio, Sala Umberto, Manzoni, Valle, Il Ghione, Il Salone Margherita, La Cometa, Teatro Sette, De Servi, Dell’ Angelo, Il Vascello, Il Manfredi fino alle commedie all’Anfiteatro di Ostia Antica solo per citarne alcuni. Dalla rappresentazione Teatrale pura, mi sono dedicato anche alla Danza, agli eventi Musicali e ai Concerti.
Tanti, tantissimi gli artisti immortalati in commedie e spettacoli, numerosi i registi con cui ho avuto la fortuna e il privilegio di collaborare. Attratto fatalmente dalle persone e dalla loro espressività.
Vedere la Musica: “attimi fuggenti” di Valerio Faccini
Il complimento più grande è quando mi dicono che un mio scatto ha emozionato. Questo significa, non solo che sono riuscito a fissare, a catturare un’emozione, ma anche e soprattutto, a farla arrivare a chi guarda. Non è la situazione che fa la differenza. Non ci sono regole, niente è scontato.
Quando esco da un balletto per esempio, sono distrutto, perché mi sposto seguendo il quadro che è costantemente in movimento. Ho sempre amato il teatro, dove ho conosciuto Giorgio Albertazzi e altri grandi come lui. Lì, andare alla ricerca dell’attimo perfetto, fuggente è meraviglioso e complicato.
Una fotografia questa, che non t’insegna nessuno, perché devi veramente inventare: le luci non sono sufficienti e i soggetti spaziano sul palcoscenico. Quando posso, vado alle prove per capire i tempi e l’espressività di ogni attore. Raccontare una storia con pochi scatti e cogliere l’attore e il suo personaggio, solo con alcune fotografie è davvero complicato ma forse, è quello che amo di più.
“Cosa c’è di più affascinante di un intreccio di fasci di luce, della penombra di un’alba e della luminosità di un tramonto, di un gioco di colori, dell’intensità del contrasto tra la bianca accecante luce ed il nero profondo del buio?”
Hai avuto il privilegio di lavorare in teatro e ritrarre i grandi. Chi tra tanti ti ha maggiormente colpito?
Ne ho seguiti molti, ma Albertazzi è quello che mi ha colpito di più. Mi affascinava la capacità di stare in scena. Alle prove generali, stava seduto in platea, apparentemente lontano. Da lì osservava come si muovevano gli altri. I suoi spettacoli erano, per me, una vera sfida: a regnare era la penombra e non c’era mai luce piena.
Per me modesto fotografo riuscire, nonostante tutto, a cogliere il meglio, era davvero un’impresa. Non sapevo mai cosa mi aspettasse, perché riusciva a trasformare e arricchire ogni scena. Ricordo un aneddoto, che non potrò dimenticare. Ero dietro alle quinte, durante lo spettacolo, Albertazzi molto anziano, era seduto e sembrava quasi abbandonato a se stesso, senza forze.
Io perplesso guardo l’attrezzista e lui mi dice: “ Sei preoccupato perché sta così? Ora deve entrare in scena. Mo’ te faccio vede’ come cambia!”. In effetti, un attimo dopo era sul palco con tutta la forza magnetica della sua interpretazione, dominatore assoluto delle scene.
Per i tuoi reportage, hai raccontato moltissimi paesi. Quale tra i tanti, ti è rimasto particolarmente nel cuore?
Cuba, Turchia, Francia, Praga, Budapest, Varsavia, Cracovia, NY e molti altri e anche la nostra meravigliosa terra. Ho raccontato moltissimi paesi ma sotto l’aspetto umano, sicuramente Cuba e le persone che ho incontrato e fotografato, mi sono rimaste particolarmente nel cuore.
È stata una vera avventura. Lì, come mia abitudine, ho ingaggiato un ragazzo che con la sua “splendida” e caratteristica auto mi ha condotto giorno dopo giorno attraverso il paese. Lui sapeva che per avere, a fine giornata, la paga pattuita, non doveva assolutamente portarmi sulle rotte turistiche. La Cuba che cercavo era quella della strada, dei mercati, dei colori delle persone vere che la abitano.
Ho inseguito la musica e i luoghi, dove abitava la sua storia. Ho dormito nelle “case particular” (alloggi in case private ndr) e fatta un sacco di strada a piedi. Ricordo che, passando davanti a un’abitazione, intravidi dalla porta aperta una stanza con due bambini e una madre sul letto con un neonato. Entrai chiedendo al padre il permesso a scattare delle foto, così dicendo misi una mano in tasca e diedi ai bambini una caramella.
L’uomo mi tocco su una spalla e mi porse la mano aperta, chiedendola anche per sé. Conservo un ricordo particolare anche delle Foci del Danubio, dove sono stato una settimana su un’isola nella parte rumena: case di legno, strade sterrate, più galline che persone e un paesaggio incantevole con flora e fauna dirompenti.
La mia rubrica è Invito al viaggio, perché attraverso gli scatti dei tanti fotografi che incontro, idealmente è come intraprendere una nuova avventura. Che viaggio ci fai fare con le tue fotografie?
Un viaggio alla ricerca di strade non battute, un viaggio verso le emozioni. Non cerco sola la natura ma mi spingo lontano dalle rotte turistiche, immerso nella vita vera. Attraverso le mie fotografie voglio che tu viva quel viaggio con me, che ne senta i profumi, gli odori. Vorrei che ti potessi immergere in quei colori, attraversare i mercati. Scoprire i volti e le espressioni di chi appartiene a quella terra e la racconta.
Sei il fotografo della luce. Quando non sono reportage ma fotografie di moda, per esempio, come ricerchi la “luce” giusta?
Quando fotografo abiti particolari, se mi danno carta libera, divento pittore di luce. Una volta dovendo fotografare degli abiti di scena, che erano tutti neri, azzardai uno sfondo dello stesso colore. Sarebbe stato troppo scontato e “violento” uno sfondo a contrasto e non mi attirava.
E’ venuto fuori un lavoro bellissimo, dove il nero riusciva, nonostante tutto a sottolineare la bellezza delle linee degli abiti, giocando solo di chiaro scuri. Del resto grandi pittori, come Tiziano, hanno fatto proprio di questo gioco, la loro firma. E’ la luce a dare risalto e il taglio giusto a ogni immagine, rendendola unica e speciale.
La fotografia è anche impegno?
Sì, fa parte di me e trovo naturale mettere a disposizione degli altri, ciò che so fare. Da anni collaboro con una Onlus, che si occupa dell’assistenza alle donne e ai bambini, in fuga dalle violenze famigliari, in stato di indigenza e povertà, partecipando a eventi su tutto il territorio nazionale.
Documento le loro attività e il materiale fotografico è utilizzato per la loro promozione e, talvolta, è stato esposto in mostre tematiche. Per me un’occasione per sentirmi parte, mettendo a servizio degli altri il mio mestiere.
Grazie Valerio, viaggiare con te è sorprendente: che sia uno spettacolo o un paese sconosciuto, le tue immagini ci portano là, dentro quell’attimo che tu hai fissato, senza privarlo del movimento, della vitalità, dell’emozione e dei suoi profumi, non solo per te anche per noi.
Articolo a cura di Paola Ferro