Valentina Privitera fotografa da “sottopalco”
C’era una volta una bambina con una macchinetta “usa e getta”
Valentina Privitera è giovane, eppure ha già fatto tanta strada per realizzare il suo sogno. Determinata e capace, scopre cosa vuole fare da grande, quando ancora bambina, ad un concerto dei Finley, armata di una macchinetta usa e getta, scatta le sue prime fotografie. Non è facile trasformare quella passione in un mestiere ma niente e nessuno può arginare quello che Valentina sente scoppiarle dentro.
La musica e la fotografia sono per lei linfa vitale e, lei ne è sicura, l’accompagneranno nella vita. Oggi Valentina ha “afferrato” il suo sogno e nonostante le difficoltà, la fatica, le incertezze (lei come tanti in questo anno che non potremo dimenticare, ha dovuto cercare di sopravvivere) guarda avanti ai tanti “sottopalco”, sguardi, palpiti che vuole poter incorniciare e raccogliere in quello che chiama il suo scrigno segreto.
In momenti difficili, ciò che abbiamo messo da parte nella stagione buona- dice Valentina – diventa motivo di resilienza e nuova energia.
Valentina come è entrata nella tua vita la fotografia?
Ho sempre amato la musica e il solo ascolto, non mi è mai bastato. Ero bambina e mi portarono ad un concerto dei Finley che ho sempre amato. “Armata” della mia macchinetta usa e getta ho scattato una fotografia dopo l’altra, senza riuscire a staccare gli occhi dall’obiettivo.
È cambiato qualcosa, dentro di me, che, ne sono sicura, ha cambiato la mia vita. Non appena ho visto le fotografie stampate, ho detto ai miei genitori: “Voglio fare questo da grande!”. Loro hanno creduto alle mie parole e da quel momento mi hanno sostenuta in tutto e per tutto. Mia mamma, mi ha fatto da modella perché potessi esercitarmi, incoraggiandomi. Ho studiato, ho lavorato tanto e finalmente, ho avuto la mia prima macchina fotografica “vera”.
Come è diventata il tuo mestiere?
Se non si hanno agganci, da soli, non è semplice riuscire. Il primo passo è stato aprire Outsider, il mio blog. Grazie a questo ottenevo i pass per i concerti per stare dove sapevo essere il mio posto: il sottopalco. Una postazione privilegiata per chi, come me, va cercando sorrisi, sguardi e quei guizzi che nonostante le luci e gli effetti scenici, fanno di un artista un essere umano.
Grazie proprio a Outsider, sono stata notata da Tutto Rock, che mi ha voluto in squadra. Da lì, tante conferme e concerti che rimarranno nella mia storia, come camei. Per esempio, a Genova Nervi, venni scelta come fotografa di palco per la data zero di Giorgia.
Avevo l’adrenalina a mille e la consapevolezza che i miei sogni, finalmente, diventavano realtà. Una vittoria importante, resa speciale dal fatto che giocavo in casa e potevo condividere la mia gioia con la mia città.
Sei determinata e capace. Hai mai pensato di mollare?
È stato difficile come ho detto, perché la fotografia è un hobby davvero costoso. Credo però, di non avere avuto scelta. Quando ho capito che musica e fotografia erano il mio mestiere, è stato impossibile rinunciarvi. Io sono Valentina e la musica e la fotografia sono imprescindibili.
La musica ce l’ho tatuata addosso – nel vero senso della parola- suono la batteria e con le mie fotografie riesco ad entrarvi dentro, regalando ciò che vedo e sento, agli altri. Ora la fotografia, quella della musica live, che preferisco, purtroppo è in stand by.
Per sopravvivere lavoro per le aziende, faccio shooting per cantanti e musicisti, ma anche matrimoni, eventi di qualunque genere. Ho fatto moltissimi lavori e per un certo periodo anche giornalismo, per potermi permettere le attrezzature e concedermi il tempo necessario a “crescere” e ancora adesso, non mi tiro indietro.
Il mio obiettivo, l’ho raggiunto ma non si arriva mai e, in tempi come questi, il gioco si fa sempre più duro. Perciò, sorrido, mi rimbocco le maniche e ce la metto tutta, sempre.
Cosa cerchi nell’obiettivo?
L’emozione del cantante, il suo sguardo. La postazione che preferisco è il sottopalco, dove ho il privilegio di catturare la sua emozione, quei palpiti impercettibili, che lo raccontano. Non mi interessano le luci, gli effetti speciali: quello che conta è solo la persona.
Cerco e aspetto pazientemente, ciò che nessun trucco può nascondere. Non scatto foto a raffica ma mi lascio travolgere dalla sua musica e dal suo sentire, il momento, quello giusto, arriva. Sono una ritrattista e anche in ambito musicale, sono riconosciuta come tale.
Tra i tanti concerti, chi ti è rimasto nel cuore?
Il concerto di Ultimo, ad Assago il suo primo sold out, tre quattro anni fa. Lo stimo molto e vederlo così emozionato, esserci a condividere quel momento, davvero importante per lui, è stato indimenticabile. Poi quello di Shawn Mendes a Milano, dove scelta tra tanti fotografi, ho interagito col suo staff americano, composto da grandi professionisti che, con la loro disponibilità, mi hanno permesso di fare un’esperienza davvero formativa.
Ti lasci fotografare?
Preferisco fotografare gli altri, io sono in imbarazzo e non mi piace. Se proprio devo, preferisco fotografarmi da sola, perché è come se parlassi tra me e me. Questa è una forma di timidezza sulla quale devo ancora lavorare.
La mia rubrica è un viaggio attraverso le fotografie e le sensibilità di altrettanti fotografi. Che viaggio sarebbe quello con te?
Il mio viaggio partirebbe dalla mia città, Genova, alla ricerca di artisti di strada e persone comuni, per proseguire di città in città, ovunque nel mondo. Il mio obiettivo non cambia: sono le persone e le loro storie che si raccontano sulle geografie dei loro volti.
Porterei a casa sguardi, sorrisi, increspature delle labbra, emozioni. Un viaggio fatto di racconti di musica, persone comuni e in qualche modo di me stessa, riflessa negli occhi altrui. Perché imparo sempre qualcosa, mi rimane addosso, quello che vedo, che vivo ed è meraviglioso.
Cosa chiedi alla fotografia?
Alla fotografia chiedo di non lasciarmi, di camminarmi accanto anche nei momenti peggiori. È lo scrigno dove posso nascondere anche il dolore. È la mia migliore amica, compagna con la musica, per la vita.
Quanto è importante la tecnica?
Non mi interessa la tecnica, o meglio, credo sia fondamentale conoscerla, per infrangerla. Quel pizzico di errore, spesso, fa la differenza e firma in modo inequivocabile l’immagine.
Se ti trovassi accanto Valentina bambina con quella macchinetta usa e getta fra le mani, cosa le diresti?
Prima di tutto, sappi che è la strada giusta. Non mollare, arriveranno momenti complicati, difficili. Porta quest’emozione con te, anche quando incontrerai chi cercherà di dissuaderti. Fai tesoro di tutto e impara a fidarti di quello che senti, continua a credere nei tuoi sogni.
Valentina Privitera è una dei tanti che, invisibili, hanno continuato a sperare di tornare al lavoro. Inascoltati, hanno resistito per regalarci ancora il meglio della musica e dell’arte che sono e rimangono, la nostra vera e unica “arma”. L’unica che non ferisce, ma salva.
Articolo a cura di Paola Ferro