La Roma per molti ha tre inni: due di questi sono di Antonello Venditti. Ripercorriamo la storia
Quando si pensa alla Roma calcistica, l’associazione va presto ad Antonello Venditti. Non solo, ovviamente, in quanto tifosissimo dei colori giallorossi, ma perché ne canta da tantissimi anni le glorie, con insostituibile senso di appartenenza. Anzi, insostituibile ce lo possiamo dire oggi, nel 2022, dopo il ritorno della vittoria della Roma in Europa con il successo in Conference League. Negli anni, però, non sempre è stato tutto a favore di Antonello Venditti.
Vediamo allora, in questa seconda puntata del nostro MusiCalcio, la storia dell’inno della Roma, la squadra gagliarda, de core tifata (tra gli altri cantanti) anche da Claudio Villa e Marco Conidi.
Partiamo da quello che esisteva prima della poesia scritta da Venditti.
Il primo inno fu composto nel lontano 1931, quattro anni dopo la fondazione della società che univa così le tre squadre cittadine. Il brano si intitolava Canzona di testaccio e, a dirla tutta, il suo andamento melodico non è nuovo. Le parole (di Toto Castellucci) sono infatti posate sulla musica di Guittarita, un tango argentino. Nel film Cinque a zero, ispirato a una vittoria romanista sulla Juventus, riecheggia per la prima volta questo inno. In realtà verrà inciso per la prima volta solo nel 1977. L’idea sarà nientemeno che di un giornalista laziale: Sandro Ciotti. È lui, mentre è impegnato in una rubrica sui 50 anni di storia della società giallorossa, a usare il suo registratore per prendere la voce del cantante Vittorio Lombardi quando canta Canzona di testaccio.
Nel frattempo, però, la Magica ha già trovato il suo nuovo inno. Nel 1974, infatti, per la prima volta viene suonato Roma non si discute, si ama. La scrivono in quattro: Sergio Bardotti, Franco Latini, Gepy e Antonello Venditti. È proprio quest’ultimo a interpretarla con la sua voce avvolgente. È la risposta a un brano laziale cantato anche dal calciatore Giorgio Chinaglia.
Così, dopo la vittoria nel derby del 1 dicembre 1974, tutto l’Olimpico può cantare al grido di Roma, Roma, Roma. Due domeniche dopo, subendo una multa (perché la musica non veniva ancora diffusa dagli altoparlanti), la società decise di farla risuonare direttamente dalle casse dello stadio.
Si tratta della classica melodia vendittiana, che non rinuncia mai al tocco poetico (“gialla come er sole, rossa come er core mio”) andando a salire di intensità.
La Magica viene definita come l’unico possibile grande amore di un intero popolo, quantificato in centomila tifosi (quelli dello stadio).
Non manca la censura: il verso “T’ha dipinta Dio” deve presto diventare “T’ho dipinta io”.
Non sono ancora gli anni della diffusione di massa tramite il web, quindi la canzone del giovane cantautore rimane quasi confinata per i soli tifosi giallorossi. Anche per motivi societari.
Sono tempi in cui persino il Festival di Sanremo, pur essendo in crisi, rinuncia alla presenza di cantautori come Bertoli, Vecchioni e Venditti ritenuti troppo politicizzati. Così anche il presidente della Roma, Dino Viola, preferisce cambiare l’inno e, soprattutto, il suo interprete.
Per circa vent’anni l’inno romanista ufficiale diventa quindi Forza Roma, una canzone commissionata a Lando Fiorini. “Core mezzo giallo e mezzo rosso” è il ritornello che non segue tanto la moda stilistica degli anni Settanta, quanto il sapore dei classici stornelli di cui Fiorini è testimonianza da sempre.
Accade così che, dopo pochi anni, nella stagione ‘82-‘83, la Roma vince lo scudetto.
Inno oppure no, ma soprattutto vittoria oppure no, Antonello Venditti è un tifoso che si fa trascinare dalla passione.
Qualche mese prima del successo, il cantautore torna a vivere nella capitale e decide di comporre un pezzo che descriva il suo sentimento mentre era distante da Roma. Così l’8 marzo 1983 incide una nuova canzone: Grazie Roma. Sul lato B, invece, una nuova versione di Roma Capoccia.
È una nuova stupenda poesia, che diventa incredibilmente profetica. I giallorossi infatti vincono il campionato, così il brano viene subito utilizzato per la festa tricolore.
La Magica di Bruno Conti, Falcao, Ancelotti e Pruzzo, allenata da Nils Liedholm, stavolta è molto più della forza di unione di una città. È la misteriosa realtà che ci fa sentire importanti anche se non si conta niente; che ci fa godere la vita nonostante i suoi problemi. Insomma, la Roma è la possibilità di sentirsi rinnovati.
Il brano è avvolgente e coinvolgente. Questa volta, complice la festa scudetto, lo conoscono subito tutti, tanto che mezza Italia crede sia il nuovo inno della squadra. La confusione deriva dal fatto che al termine di ogni vittoria la canzone viene diffusa nello stadio Olimpico.
L’inno, però, è ancora quello di Lando Fiorini. Di fatto si sente solo Grazie Roma.
A metà anni Novanta i tifosi richiedono a gran voce il ritorno dell’inno del ‘74. Così il presidente Sensi non si fa attendere e accetta di riportare Roma non si discute, si ama quale inno ufficiale della Magica.
Il pubblico non dimentica comunque le parole di Fiorini e, durante le partite, la tifoseria intona anche quel brano.
Lo scudetto del 2001, con Totti, Batistuta, Montella, Delvecchio (e Capello in panchina) è l’apoteosi per una nuova festa al Circo Massimo con Antonello Venditti. Si canta tutto. Dall’inno censurato e poi recuperato a Grazie Roma fino al brano di Fiorini.
La Magica, quasi quasi, ha tre inni, tra ufficiali e non. Certo, facile quando si hanno grandi cantautori a scrivere canzoni.
Nel 2017 la rivista France Football posiziona Roma non si discute si ama al secondo posto degli inni calcistici più belli di tutto il mondo, secondo solo a You’ll never walk alone, del Liverpool. Già, proprio gli inglesi che avevano sconfitto in finale di Coppa Campioni anni prima la Roma.
Però, se persino i francesi ci premiano, qualcosa vorrà dire. E quel brano di Antonello Venditti è ancora oggi un’autentica perla della musica italiana.