#Notedicarta: William S. Burroughs, sicuramente il più trasgressivo tra gli scrittori beat
William S. Burroughs impiega diffusamente la tecnica narrativa del cut-up che caratterizza opere come “Il pasto nudo”, “La scimmia sulla schiena”, “I ragazzi selvaggi” e “Le città della notte rossa”.
Burroughs, personaggio con una personalità multiforme, per decenni si è impegnato in esplorazioni creative, psicologiche e farmacologiche.
La sua opera è originalissima, espressione di una personalità unica, di particolarissime attitudini e di uno stile di vita volutamente provocatorio, contestatore e anticonformista.
Se non conoscete bene chi sia stato, e chi riesca a essere tutt’oggi, Burroughs, questo “William S. Burroughs e il culto del Rock’n’roll” di Casey Rae uscito per Jimenez edizioni è il libro che fa per voi.
Casey Rae, l’autore, è un critico e docente universitario che riesce a dimostrare quanto il personaggio Burroughs, e la sua letteratura, abbiano influenzato la cultura underground e molti musicisti come i Beatles, Lou Reed, Bob Dylan, David Bowie, Kurt Cobain e molti altri.
I musicisti che da Burroughs hanno tratto ispirazione sono in effetti moltissimi e alcuni di questi erano suoi amici, altri, pur appartenenti a un’epoca molto diversa e lontana da quella dell’autore ne sono rimasti affascinati tanto da arrivare al punto di citarlo nei titoli delle canzoni oltre che a considerarlo un punto di partenza per il proprio lavoro.
Si tratta, senza dubbio, di uno dei libri migliori sul rock anche se non parla strettamente di rock. Ovvero, parla di rock in modo specifico, ma questo saggio è sostanzialmente una biografia di William Burroughs attraverso le sue interazioni col rock.
Rae non idealizza e non demonizza Burroughs ma riesce a raccogliere e raccontare storie che pongono in risalto innanzitutto l’aspetto umano dei personaggi che contribuiscono a tracciare il ritratto di Burroughs, le loro relazioni e le alchimie che hanno condotto ognuno di loro verso un certo percorso artistico condizionato, come già dicevo, da Burroughs.
“Per alcuni, Burroughs è un prete tossico che offre saggezza hardboiled, portavoce di un underground narcotico.
Per altri è un mago oscuro le cui conoscenze filosofiche occulte hanno aperto la strada agli stregoni do it yourself di oggi.
Altri ancora, in particolare musicisti e autori di canzoni, traggono ispirazione dai suoi metodi creativi, incluso il cut-up dei testi e il tape splicing” scrive Rae nell’introduzione del suo libro e le sue parole suonano più come una minaccia svelata che non come un’affermazione.
Molti già conoscono le vicende che lo hanno portato a dominare le prime pagine dei giornali anche quando non si parlava dei suoi lavori, come il fatto che amasse vivere in un bunker a New York oppure la storia della sparatoria che lo vide coinvolto in un episodio di cronaca nera nel 1951.
Burroughs, da sempre ossessionato dalle armi, aveva sempre con sé un revolver, una “Star 380 automatica” e, giocando con la moglie Joan Vollmer a fare Guglielmo Tell, completamente ubriaco, sparò basso e la colpì alla tempia uccidendola.
Oppure che nel 1976 Burroughs avrebbe dovuto unirsi a Dylan per un tour, cui partecipò anche Ginsberg, invece rifiutò perché, pare, non gli venne offerta una diaria.
Non sta a me raccontarvi quanto contenuto libro anche perché ci sono troppi aneddoti, troppe cose che sicuramente troverete stimolanti.
Si tratta di un libro che spazia moltissimo dalla musica alla letteratura con alcune incursioni anche nella pittura.
Scritto in modo coinvolgente, è ricco di note per chi volesse approfondire ulteriormente la figura di Burroughs se ritenesse le 368 pagine divise in otto capitoli in cui Rae sviluppa il suo libro non fossero sufficienti soprattutto alla ricerca di una risposta alla domanda “L’attuale cultura della distorsione temporale è forse anch’essa una eredità di Burroughs?”