Il bluesman italiano è tornato con un disco di inediti in uscita mondiale che sintetizza l’essenza di Sugar Fornaciari, sempre «diavolo e acqua santa» e un po’ «slempito»
Zucchero è tornato, nel senso più vero e blues che si possa intendere. Con un album, “Black Cat”, in uscita in tutto il mondo il 29 aprile per la Universal Music, disco di inediti che arriva parecchi anni dopo “Chocabeck” (2010), in mezzo solo “La sesión cubana” (2012).
Un ritorno, quello di Sugar Fornaciari, da tanti punti di vista: secondo la prospettiva italiana, perché inaugurerà il tour mondiale proprio con le dieci date a settembre all’Arena di Verona – per le quali sono attesi ospiti, ancora da invitare e confermare.
Un ritorno alla libertà di “Oro, incenso & birra” (1989) , perché “Black Cat”, racconta il cantautore alla stampa nella splendida cornice di Palazzo Clerici a Milano, è un disco «anarchico, nel senso che ha maggiore libertà dei precedenti»: «durante la carriera, qualsiasi artista cerca di fare un disco che funzioni in radio e in classifica, però seguendo questo “format”, si è meno liberi. Questa volta ho fatto un lavoro a ritroso e mi sono chiesto “Perché ai tempi di ‘Oro, incenso & birra’ ero più libero?”. Perché avevo meno da perdere, ma anche ora non ho poi molto da perdere: se perdo qualcosa a 60 anni, non è la fine del mondo».
Il risultato di questo approccio più libero è appunto “Black Cat”, che è blues al 100% e riassume tutto quello che Sugar è – tra “italianità” autentica, passione per la cultura afroamericana e collaborazioni con i più grandi musicisti e produttori statunitensi – e ciò che ama, in termini di suggestioni artistiche a tutto tondo. Si capisce dal titolo: «“Black Cat”, un gatto nero o una gatta nera… Quando ho dato questo titolo non ho pensato al gatto nero che attraversa la strada, questo è piuttosto ovvio. Per gli afroamericani il gatto nero è sempre indice di buon auspicio, contrariamente a noi. Per loro è un modo di dire, si salutano dicendo “Hey cat, how are you?”, come a dire “Hey man”, è un saluto confidenziale, amichevole. Ho deciso di dare questo nome al disco perché, più degli altri, è un album nero, con radici nella musica afroamericana. È un album libero come libero è il gatto. Il gatto è selvatico come questo album, i suoni sono ruvidi, marci, ma è anche un disco un po’ anarchico, perché il gatto non è così domestico, come può esserlo il cane. Il suono delle parole ‘Black Cat’ mi è piaciuto subito e mi sembrava che fosse in sintonia con l’album stesso».
La libertà di “Black Cat” si percepisce bene anche nel suono che, ha spiegato l’artista, nasce dalle evocazioni delle piantagioni di cotone, dalle canzoni degli schiavi in catene, derivate da un tour di 38 date negli stati del Sud degli U.S.A. e dalle evocazioni dei film “12 anni schiavo”, “Il colore viola”, “Django Unchained”.
A proposito di suono, in “Black Cat” colpisce l’uniformità sonora delle tracce, in cui l’unico denominatore comune è la voce inconfondibile di Sugar: tutti i brani sono stati suonati da musicisti diversi – scelti tra i vari numeri uno dei vari strumenti nell’ampio orizzonte artistico statunitense «perché non si può utilizzare gli stessi musicisti per tutti i brani. Devi prendere qualcuno di adatto, ogni brano ha dei musicisti diversi, che è quello che ho messo in questo disco, d’accordo col produttore. Mark Knopfler non è stato chiamato perché è una leggenda, ma perché ha quel suono e quel modo di suonare con le dita, il tipo di arpeggio già sentito nei dischi con i Dire Straits che volevo avere io in Streets of Surrender».
Soprattutto, ci sono tre giganti del panorama internazionale alla produzione, curata da T Bone Burnett, Brendan O’Brien e Don Was. Così diversi tra loro per stile, eppure capaci, grazie anche alla supervisione di «maestro Adelmo», di mettere insieme un disco dal suono marcatamente omogeneo.
Miracolo? Non proprio: c’entra il rispetto per il lavoro reciproco, in aggiunta all’organizzazione di Zucchero, che aveva scritto 40 canzoni nuove, ne ha selezionate 21 e ne ha affidate sette a ciascun produttore. Forte di precedenti collaborazioni, il cantautore ha assegnato i pezzi secondo le caratteristiche di due dei 3 produttori: i pezzi più soul e R’n’B a Don Was e le ballate a Brendan O’Brien. T Bone Burnett rappresentava l’incognita e a lui Zucchero ha assegnato i pezzi che voleva fossero stravolti maggiormente.
Tra le collaborazioni artistiche in “Black Cat”, si trovano anche la chitarra di Mark Knopfler nei brani “Ci si arrende” e “Streets of Surrender (S.O.S.)”, e la firma di Bono, affranto per i fatti di Parigi e la tragedia al Bataclan, nel testo di “Streets of Surrender (S.O.S.)”.
Il ritorno di Zucchero con un disco di inediti è anche la conferma del binomio che da sempre caratterizza il cantautore, che anche in “Black Cat” affronta temi di attualità e spessore – per esempio, “Hey Lord” e la già citata ““Streets of Surrender (S.O.S.)” – alternandoli a brani più sensuali e giocosi, come “La tortura della luna”, perché «Il diavolo e l’acqua santa sono sempre io, fanno entrambe parte di me».
Forse anche questo rientra nella «slempito» (da “Partigiano Reggiano”, ndr), parola del dialetto della Bassa reggiana, patria di Zucchero che indica quel coraggio, quell’energia, forse un po’ esplicita anche nel parlare di sesso, che aggiunge genuinità a questo cantautore che si mostra aperto e disponibile alla stampa, perfino quando si parla del tour mondiale – anzi, della prima tranche, perché per le date del 2017 bisogna pazientare ancora un po’ – che lo vedrà protagonista, dopo i dieci concerti italiani, di vari spettacoli, tra cui tre serate all’Olympia di Parigi (dove è ormai di casa) e due presso la Royal Albert Hall di Londra, primo artista italiano a suonare per due giorni consecutivi in quel (prestigioso teatro) di Londra, per poi arrivare in Giappone per la prima volta.
“Black Cat” esce in contemporanea mondiale e in più versioni, oltre a quella italiana, in edizione internazionale, spagnola e asiatica. “Partigiano reggiano” è il primo singolo per l’Italia, “Voci” per l’edizione internazionale.
L’edizione italiana è stata adattata per quella internazionale, in cui Elvis Costello ha scritto “Turn the world down; “Fatti di sogni” diventa il duetto “Hechos de suenos” con Alejandro Sanz nell’edizione spagnola; per l’edizione giapponese, il musicista hard rock Hotei suonerà la chitarra in “Ti voglio sposare”.
Tracklist di “Black Cat”
01. Partigiano reggiano
02. 13 buone ragioni
03. Ti voglio sposare
04. Streets of surrender (s.o.s.)
05. Ten more days
06. L’anno dell’amore
07. Hey Lord
08. Fatti di sogni
09. La tortura della luna
10. Turn the world down
11. Terra incognita
12. Voci
13. Ci si arrende.